Ceronetti – Quirico: Noi e i migranti, piaga o opportunità? Dialogo tra il poeta e il giornalista: la bomba demografica del Terzo mondo, le nostre paure, le banlieue in fiamme, la fuga dal dolore. Questo dialogo tra Guido Ceronetti e Domenico Quirico è stato pubblicato su La Stampa del 27 dicembre 2016.
Ceronetti-Quirico-Dialogo
Ceronetti. «Cominciamo dalla definizione: chi è il migrante? Uno che viene da altrove e che può essere accolto finché la misura non è oltrepassata, perché allora diventa hybris e hybris chiama infallibilmente la nemesi. Il migrante si paga non solo materialmente ma metafisicamente. Stiamo attenti, limitiamolo. Non potendolo limitare è una piaga del secolo».
Quirico. «Una piaga del secolo…?».
Ceronetti. «Sì. Non è giustificabile. So che tu lo giustifichi, la tua tesi che l’accoglienza è un fatto buono perché, detto con una parolaccia, è “epocale”, perché “rivoluzionario”. È chiaro che cambia le cose, chi pensa che non cambi le cose è solo classificabile come un cretino… Le cambia per forza, a causa dei numeri…».
Quirico. «Mi viene naturale invece capovolgere il discorso, il migrante per me è innanzitutto un viaggiatore, uno che fa un viaggio. Lo osservo nella sua essenza, la sua anima la trovo nell’atto del viaggiare e nello spazio e nel tempo di questo attraversamento. C’è un Tempo del migrante che non assomiglia al mio, ogni atto, ogni gesto, anche il respirare nella migrazione ha un valore diverso. Mi sento obbligato a riflettere sulla sua scelta prima che sulle conseguenze, prima devo entrare nella sua anima e poi decido se lo voglio, a seconda di quello che è. Ci sono tanti migranti: quello di Salvini per cui è un bandito che viene a saccheggiare; quello della Caritas che serve a salvarmi l’anima, mi fa diventare buono; il migrante del ministero dell’Interno per cui è un numero in un casellario… Io cerco il migrante nell’atto del migrare, cerco il prima del migrante mentre mi sembra che anche tu cerchi l’adesso del migrante, quando scende dalla barca, e diventa un motivo di inquietudine, di allarme. Per me il migrante è il prima, quando sbarca è già un dopo».
Ceronetti. «Ma io ho scelto, innanzitutto e soprattutto, la sua provenienza anche remota e la presenza del migrante nel territorio italiano. Poiché la teoria del potere è che questo territorio possa, con manovre e manovrette, accogliere tutto quello che c’è là. Tutto questo adesso fa paura perché dietro il migrante ci sono secoli, gli ultimi, che sono di crescita demografica paurosa. La Cina è oltre, molto oltre, il miliardo…».
Quirico. «I cinesi non entrano nella tipologia del migrante che spaventa».
Ceronetti. «È sbagliato: i troppi cinesi valgono i troppi magrebini, che fanno più paura perché dietro c’è il terrorismo islamico. Il terrorismo islamico viaggia con loro».
Quirico. «Sei sicuro di questo? Che ci sia un rapporto tra migrazione e terrorismo, io lo nego, nonostante la vicenda dell’attentato di Berlino, che è un’eccezione e non la regola».
Ceronetti. «Difficile dire di no. Basta pensare alle banlieue…».
Quirico. «Le banlieue non sono la Migrazione: quella iniziata nel 2011 a Lampedusa e che oggi ci spaventa. Le banlieue sono frutto delle migrazioni “volute” degli Anni Sessanta, sono i figli di migranti regolari accettati e richiesti».
Ceronetti. «Arrestati per un piccolo reato, e radicalizzati in carcere».
Quirico. «Radicalizzati nel Male del nostro mondo, non nel Male del mondo altro. Non credi sia una riflessione che dobbiamo fare, più sulle magagne del mondo nostro che sulla migrazione?».
Ceronetti. «Le magagne del nostro mondo sono sotto tutte le mie possibili povere lenti. La migrazione ha però per obiettivo questa terra promessa che sappiamo, non è la terra promessa, non lo è mai stata da nessuna parte. Però è promessa. Ed è stata resa terra promessa dalle massime autorità che abbiamo, Papa e governo. Perché vengono, i migranti, richiamati soprattutto da loro. E allora, ed è questa l’idea che mi tormenta, questa quantità di annegati nel Mediterraneo è da mettere sulla coscienza di chi? È il tam tam “Qui si accoglie” che si diffonde in fondo all’Africa, in Bangladesh, ovunque. Se l’umanità paga un tributo di duecento, trecento morti annegati in pochi mesi, la domanda è: chi li ha chiamati? Perché i migranti sono anche e soprattutto persone che hanno ascoltato un messaggio che dice: là, in Italia, ci accolgono e poi ci si aggiusta, e allora andiamo, facciamo questo viaggio. Che per molti è l’ultimo. Le buone intenzioni spesso lastricano l’inferno. E anche quando sopravvivono al viaggio, il tributo che hanno pagato, ovvero tutto ciò che possiedono, finito nelle tasche degli sfruttatori e degli assassini, certo non migliora questo nostro povero mondo, già vessato, vessatissimo. E lo sarà sempre di più. Siamo sempre più schiavi robotizzati, una umanità che per buona parte è in mano in mano a personaggi tipo Trump».
Quirico. «Peraltro nemici dei migranti».
Ceronetti. «Sì, sì! Me la prendo principalmente con chi li chiama, perché svegliano delle passioni, delle illusioni. La bomba biologica è la peggiore delle atomiche. Ora dicono gli esperti che forse dopo il 2050 ci sarà un calo demografico, ma intanto mezza Africa si sarà spostata con i suoi milioni su questa sponda. Il rischio di vivere l’uomo nell’ombra dell’uomo esiste. Tu puoi dar tutte le più rosee definizioni del migrante ma rendiamoci conto: non possono venire tutti; mentre chi li vuole accogliere dice: possono venire tutti. Mettiamo paletti».
Quirico. «Di che tipo?».
Ceronetti. «Un numero chiuso. Ma io non propongo soluzioni, soffro perché c’è il problema. Tu dici che è un bene che vengano tutti perché fa esplodere il sistema, ma potrebbero esplodere troppo cose insieme».
Quirico. «Io invece adoro il migrante perché soffre e perché è un inconsapevole rivoluzionario, perché ci costringe a svelarci per quello che siamo, è un demistificatore di ipocrisie, le nostre».
Ceronetti. «Ma noi peggioriamo, non progrediamo più, ammesso, fosse un progredire. Possiamo solo rincoglionire».
Quirico. «Allora, vedi bene, tanto vale che siamo invasi dai migranti».
Ceronetti. «Ma no! Perché non arrivano con idee migliori, arrivano per saccheggiare, prendere».
Quirico. «Questo non è vero. Nel viaggio accade una cosa straordinaria, il migrante cambia, non è più l’uomo che era prima, si libera della sua identità, si libera nella fatica del migrare, nel dolore del migrare, diventa popolo nuovo, tutto quelle che era, eritreo siriano senegalese, lo ha lasciato dietro di sé nel marciare verso questo paradiso presunto. Quando arriva è aperto a tutto, può diventare qualsiasi cosa. Non voglio dire che è manipolabile, ha semmai bisogno di un’altra condizione umana perché quella precedente non c’è più. Negli Anni Venti del Novecento, nel tumulto del primo dopoguerra, ci furono enormi migrazioni e si inventò il passaporto Hansen che consentiva di migrare ovunque. Ha salvato milioni di russi e quel che restava del popolo armeno. Non bisogna chiudere, perché la marea sfonderà alla fine la diga comunque. Se tu lasci aperto il varco, completamente, all’inizio avrai instabilità, certo, ma poi l’acqua si allargherà sempre più quietamente fino a essere assorbita. Se tu li respingi indietro, cosa diventeranno? Cercheranno un’altra identità, opposta alla nostra, diventeranno integralisti, salafiti… Il loro è un viaggio senza ritorno, sono fuggiti da qualcosa che non esiste più o dalla morte, dalla fame, dal dolore. Il migrante ci mette in discussione, ci pone domande ineludibili, la migrazione è mistica, la trasformazione di sé nel dolore».
Ceronetti. «Definisco questo mondo dove io vado avanti malamente come un mondo di Male, governato male da un dio malvagio che è il dio cataro. Esiste un mondo della luce ma questo, detto misticamente, metafisicamente, è un mondo di Male. Questo Male non può che crescere perché non può far altro, perché l’abbiamo de-spiritualizzato, questo mondo, a un punto tale, anche con un contributo della Madre Chiesa e dei cristiani, da farne un mondo che fa il Male. Dove un uomo può mettere nelle mani dei bambini un tablet mentre va nell’altra stanza a strangolargli la madre. Questo mondo del Male non quadra con fenomeni così colossali. Io semplicemente cerco di non farlo accrescere. Perché i migranti poi diventano, integrandoli, come noi, e non possono che passare da quella condizione da cui scappano a quella nostra. E noi siamo dei mostri».
Quirico. «Allora il migrante deve restare migrante, altro… In fondo sono d’accordo: è la sua totale alterità che ci può salvare».
Ceronetti. «Integrandosi egli entra in un mondo di Male. Pensa alle famiglie da cui spuntano fuori i terroristi, famiglie integratissime – quelli dell’11 settembre, ragazzi perfetti, laureati. Ma con in loro quel dio terrificante che porta questo tipo di religione, con uno scopo, convertire il mondo delle campane nel mondo dei muezzin. Lo scopo della migrazione islamica non è viaggiare da qui a lì, è quello di convertire, è sempre stato questo, averli fermati a Vienna nel 1683 è considerato da noi con vergogna, Cervantes deve vergognarsi di aver perso un braccio combattendoli e di essere il monco di Lepanto…».
Quirico. «Eppure il mondo cristiano di cui deprechi la scomparsa è nato da una migrazione, dall’incrocio del mondo greco-romano con il mondo dei “barbari”. Più che una “invasione” fu una migrazione, popoli che chiedevano di entrare, di avere terre abbandonate e arruolarsi nell’esercito. Gli imperatori aprirono loro il limes prima di spaventarsi per il numero. L’impero romano era come l’Europa, un mondo in decadenza, alzarono il Muro e non è servito nulla. Ma da scontro e incontro è nata l’Europa cristiana: dalla energia dei popoli nuovi e dalla eredità dei popoli vecchi rinnovata e innovata».
Ceronetti. «Non è ripetibile».
Quirico. «Perché no? È sbagliata l’idea di chiudere, perché è impossibile chiudere».
Ceronetti. «Lo so. È la volontà di non fermare nulla che non va bene. Si fa quello che si può, certo, ma non fare niente… L’Italia è già terra di islam, si è consegnata, per questo è lasciata in pace, le campane si spengono da sole».
Quirico. «Il problema reale è semmai cosa presentiamo di noi a questi migranti».
Ceronetti. «Una immensa debolezza, un immenso vuoto con finte gendarmerie, in cui alterniamo momenti di forza apparente con lunghe parentesi di viltà e debolezza. Sono d’accordo: è la debolezza nostra che rende più problematico l’arrivo loro. Il Papa combatte contro i cristiani che resistono, quelli che vogliono mantenere il cristianesimo dove si è impiantato secoli fa, al punto che l’altra religione, l’islam, è ormai pronta a insediarsi al loro posto. Vorremmo tenerli lontano ma sappiano di non poterlo fare, è un rebus. Quello che puoi fare, purtroppo, è solo accettare la conversione. Io non lo vedrò, forse tu sì. Finché possiamo, scriviamo, teniamo accesa la luce della razionalità. Non siamo blateranti alla Salvini, siamo dei poveri filosofi disarmati e facciamo quello che possiamo per pensare».
L’audio
Per chi vuol fare un esercizio d’ascolto e per chi preferisce ascoltare invece di leggere.
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