Come sarà la battaglia di Kiev. Le truppe russe non hanno ancora sferrato l’attacco alla capitale ucraina. Per capire il motivo del temporeggiamento e immaginare lo scenario (terribile) che probabilmente attende la città, è utile ricordare le lezioni della guerra in Cecenia.
Saggio di Nicola Cristadoro pubblicato su Limesonline del 9 marzo 2022. Su ItalianaContemporanea questo testo è rubricato nella pagina “Ucraina“. 1.365 parole. Lettura 5’30”.
*Il Ten. Col. Nicola Cristadoro è un Ufficiale dei Bersaglieri. Per molti anni ha lavorato nel settore dell’Intelligence e Sicurezza, approfondendo studi in materia di terrorismo e, in ambito più strettamente militare, focalizzando il proprio lavoro sulla dottrina e sull’organizzazione delle Forze Armate Russe. E’ esperto, inoltre, in materia di Information Operations e PsyOps. Ha pubblicato diversi articoli sulla “Rassegna dell’Esercito” (periodico allegato alla “Rivista Militare”), su Rivista Italiana Difesa (RID) e su Analisi Difesa ed è autore di diversi libri tra cui “Spetsnaz e corpi paramilitari dei servizi di sicurezza russi. Il contro-terrorismo sui campi di battaglia”, Il Maglio Edizioni – 2018. (Prefazione a cura del Gen. C.A. (aus.) Marco Bertolini)
La battaglia di Kiev ogni giorno sembra prossima a scatenarsi, eppure viene sistematicamente rinviata, anche se i combattimenti nell’area dell’accerchiamento realizzato dai russi attorno alla capitale ucraina continuano incessanti. Prima di addentrarsi nelle necessarie considerazioni tattiche che giustifichino un tale stato di cose, una breve premessa storico-filosofica che trae lo spunto dalla recente, sterile polemica instaurata nei confronti della cultura russa e in particolare di Fëdor Dostoevskij.
La grandezza e la sofferenza. Putin “usa” Dostoevskij
In un discorso tenuto qualche giorno prima dell’invasione, Putin ha detto qualcosa che suona come “la grandezza di un popolo sta nella sua capacità di affrontare la sofferenza”; in questo è ravvisabile il pensiero di Dostoevskij riferibile alla concezione della “Grande Madre Russia” legata al proprio passato, a radici culturali che già nella sua epoca erano lontane dai modelli propugnati dall’Occidente post-illuminista. È bene sottolineare che la “sofferenza” intesa da Dostoevskij non è quella interpretata da Putin.
Putin piega la visione dell’esistenza espressa dal grande scrittore russo alla sua necessità di dire alle madri russe “preparatevi a piangere i vostri figli, ma è per un fine supremo”. È presumibile che l’idea putiniana, rivelatasi illusoria, fosse richiedere al proprio popolo un olocausto di piccole proporzioni e di breve durata. Tra l’altro, non siamo di fronte all’affermazione perentoria “Gott mit Uns” mutuata dalla filosofia hegeliana che ha gettato le basi teoretiche per il nazismo. Dostoevskij è il vate della sofferenza di un popolo, non della sua aggressività.
La retorica dei “valori”: quali sono e che funzione potrebbero avere
La convinzione sostantiva al “Gott mit Uns” sembra più confacente al patriarca ortodosso Cirillo, che in tempi non sospetti aveva già santificato la deterrenza nucleare come valida iniziativa per la tutela della propria identità culturale.
Cirillo I, nominato professore onorario dell’Accademia russa delle forze nucleari strategiche nel 2010, ha pubblicamente indicato l’apertura del Centro Nucleare Federale nella città del Santo Serafim Sarovskij come un “Comandamento di Dio” e ha affermato che le armi nucleari “forniscono sovranità alla Russia”.
Partito dalla retorica della “guerra al nazismo”, Putin si è impantanato nelle pianure ucraine. Nel senso letterale del termine, per via delle difficoltà incontrate dai mezzi russi su un terreno reso quasi impraticabile dalla rasputitsa, la stagione del fango. Uscire dal pantano non è facile e, tra le soluzioni intraprese, il presidente russo si appella alla retorica di una sorta di “machismo ancestrale” che vuole costituire un continuum storico con la ragnatela di valori intessuta per motivare l’invasione. Il patriarca Cirillo si presta alla farsa della “guerra santa” contro il vizio e le perversioni dell’Occidente. Che sembra ridicola ma potrebbe essere funzionale a dare una nuova energia a quei soldati che, forse meno motivati (o meno inconsapevoli) rispetto all’inizio delle operazioni, si troveranno a dover entrare nei centri abitati e combattere.
La difesa ucraina nelle città
“Centri abitati” al plurale, non solo Kiev, perché il territorio ucraino è una vasta pianura, non offre appigli alla guerriglia come le montagne o le giungle che hanno dato rifugio ai partigiani/guerriglieri di ogni epoca e nazione.
I santuari della guerriglia, le strong positions su cui si impernia la difesa ucraina sono proprio rappresentati dalle città, grandi o piccole che siano e i soldati russi sanno bene cosa significhi il combattimento casa per casa.
(…)(qui un excursus sul passato in Cecenia. Se volete leggerlo, accedete a Limesonline).
La situazione attuale a Kiev. Tattica russa
Le notizie diffuse dai media sulla più o meno imminente battaglia di Kiev hanno indicato l’impiego dei “razzi” generici al posto dei “missili di precisione” per colpire target in modo indiscriminato. In realtà si tratta di una precisa tattica con precise finalità.
La conquista di un centro abitato come Kiev, per estensione, tipologia di infrastrutture e densità di popolazione, rappresenta un obiettivo cruciale e, allo stesso tempo, presenta dei rischi elevatissimi per chi la deve invadere.
I razzi impiegati in maniera intensiva e reiterata sono quelli dei lanciarazzi multipli BM-21 Grad e BM-30 Smerch delle unità separate di artiglieria e dei reggimenti inquadrati nelle divisioni meccanizzate che stanno circondando la città.
La scelta di non attuare in questa fase un targeting “chirurgico” su bersagli ben individuati, bensì operare con il principio della “saturazione areale” – per la quale questa tipologia di armi è concepita – ha lo scopo di distruggere il maggior numero di infrastrutture su cui l’avversario può incentrare la propria difesa e infliggere al nemico un elevato tasso di perdite, evitando di esporre i propri reparti al fuoco diretto dei difensori.
Un altro effetto che si ottiene con il lancio indiscriminato di razzi “a pioggia” (Grad significa “grandine”) è di terrorizzare l’avversario, costringendolo a restare al riparo e logorandone la resistenza psico-fisica in un lasso di tempo relativamente breve.
Di fronte a un nemico certamente non addestrato al livello dei ceceni all’epoca della battaglia di Grozny ma fortemente motivato come le truppe e i cittadini ucraini, l’esercito russo deve necessariamente adottare una scelta tattica del genere per un certo periodo prima dell’attacco finale con i carri e la fanteria appiedata.
Cosa accadrà? L’orrore
È prevedibile che entrino per primi i reparti avvezzi all’orrore del combattimento casa per casa: spetsnaz, mercenari, gruppi paramilitari, accompagnati dal fuoco dei carri armati dei battaglioni/reggimenti in primo scaglione. Quella sarà la fanteria per lo sforzo principale su Kiev per lo sfondamento del settore urbano. Se gli ucraini saranno disposti a resistere il combattimento sarà cruento, ma potrebbe significativamente fiaccare l’impeto russo, costringendo l’immissione delle forze in 2° scaglione/riserva, decisamente meno preparate e avvezze al combattimento ravvicinato.
Sarà un massacro: da una parte gli uomini e le donne di Kiev – i media enfatizzano il ruolo degli uomini a difesa della città, ma sono numerose anche le donne che sono rimaste per combattere – dall’altra un’orda di combattenti regolari e irregolari, uomini armati animati dalla volontà di saccheggio e distruzione accanto a uomini impauriti che non hanno ancora ben compreso il motivo della loro presenza in mezzo a un gelido caos assordante che odora di morte, gasolio e cordite.
Mantenere la conquista sarà difficile
In caso (verosimile) di vittoria russa, una volta occupata la città, per Mosca cominceranno i veri problemi. Esercitare il controllo su un abitato di quelle proporzioni, in presenza di una resistenza che prevedibilmente continuerà in modo sempre più nascosto e aggressivo (agguati, imboscate, atti terroristici, sabotaggi eccetera) non sarà facile e richiederà una moltitudine di risorse in termini di uomini, mezzi e materiali.
Cominceranno le atrocità commesse sull’uno e sull’altro fronte. I media russi cercheranno di tacere le perdite subite ed esaltare ogni metro di terreno occupato, ogni quartiere strappato agli ucraini. La copertura mediatica occidentale punterà le telecamere sulle distruzioni degli edifici e sulle lacrime dei civili rimasti, tacendo sulle naturali, sanguinarie vendette attuate contro i soldati russi e filorussi catturati; sui due fronti si scatenerà una parossistica guerra di propaganda e contro-propaganda per far emergere o nascondere gli effetti delle rappresaglie, a seconda di chi parla.
Una via d’uscita: psy-ops (?)
I “soldati” sono uomini che di fronte agli ordini di cominciare la guerra senza quartiere nei quartieri hanno solo due scelte: obbedire o, alla vista delle prime atrocità subite o commesse, disertare. Molti combatteranno, altri diserteranno. È proprio su questa vulnerabilità che devono lavorare le psy-ops ucraine, perché di fronte a messaggi credibili e sostenibili, anche la migliore contropropaganda (e quella russa è piuttosto grossolana) difficilmente risulta efficace.
Guida alla lettura
Abbiamo diviso il testo originale suddividendolo in paragrafi per darvi la possibilità di ricavare dai titoli la scaletta dell’intero discorso. Paragrafare, cioè suddividere un testo, dando un titolo pertinente ad ogni parte, è un metodo per verificare la propria comprensione, come la parafrasi, la mappa mentale,…
Attenzione a parole che potrebbero non essere intese come psd-ops: definitele, cercando sul vocabolario enciclopedico Treccani: https://www.treccani.it