Covid e scienza


Covid e scienza. Il ruolo della scienza è il titolo di un paragrafo del primo capitolo del saggio di Maurizio Molinari dal titolo Il campo di battaglia. Perché il Grande Gioco passa per l’Italia, pubblicato nel 2021, a Milano da La Nave di Teseo. Su ItalianaContemporanea il testo è pubblicato nella pagina “La scienza


Covid e scienza. A dieci mesi dall’attacco della pandemia venuta da Wuhan, la scienza ha identificato l’arma per difenderci, uscita dai centri di ricerca di Stati Uniti ed Europa. Sorpreso dall’attacco della pandemia Covid-19, lento nell’adattarsi a un nemico invisibile, ferito da una moltitudine di vittime e contagi, segnato da polemiche ed errori nella reazione e preoccupato dalle devastazioni economiche a cui far fronte, l’Occidente sembra così trovare nella confezione dei vaccini il terreno di un suo possibile riscatto sulla scena globale. La spiegazione viene dal fatto che i primi vaccini autorizzati in via emergenziale dalle autorità competenti negli Stati Uniti, in Canada, in Gran Bretagna e nell’Unione Europea – Pfizer-BioNTech e Moderna – sono stati prodotti in appena dieci mesi, con un risultato senza precedenti nella storia della medicina dovuto a un’invenzione di biotecnologia. Si tratta della tecnologia rivoluzionaria messenger RNA (mRNA) che consente di inviare istruzioni alle cellule al fine di generare gli antigeni necessari. Ovvero, il vaccino è costituito da nanoparticelle lipidiche contenenti l’mRNA, che dopo la somministrazione fa produrre alle cellule dell’organismo la proteina del virus. Questa induce la costruzione di anticorpi che combattono il virus Sars-CoV-2 quando si manifesta. Si tratta di un prodotto di biotecnologia che si lascia alle spalle i vaccini del passato – che inoculavano dosi non nocive della malattia, o parti del patogeno che la causa, per generare anticorpi – ed è frutto della svolta che avvenne nel 1976 con il debutto di Genentech e il conseguente boom di nuove modalità terapeutiche, dagli anticorpi monoclonali agli acidi nucleici come l’mRNA.

BioNTech, creata in Germania nel 2008 dai coniugi scienziati turchi Uğur Şahin e Özlem Türeci, e Moderna, nata due anni dopo a Cambridge, Massachusetts, per commercializzare una ricerca del biologo di Harvard Derrick Rossi, hanno sviluppato la tecnica dell’mRNA fino ad arrivare praticamente assieme a generare il vaccino anti-pandemia. Ma con una differenza: BioNTech ha avuto bisogno dell’intesa con il gigante americano Pfizer, fondato nel 1849 a Brooklyn e oggi guidato da Albert Bourla, greco-americano di Salonicco figlio di sopravvissuti alla Shoah, per realizzare i test clinici, ottenere le autorizzazioni, gestire la produzione di massa e la distribuzione globale. A questo bisogna aggiungere che gli Stati Uniti hanno sostenuto il vaccino di Moderna sin dall’inizio, in particolare le fasi 2 e 3 dei test, con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases e il Biomedical Advanced Research and Development Authority, e più in generale con l’Operation Warp Speed hanno investito ben 10 miliardi di dollari nella corsa al vaccino con il maggiore aiuto governativo mai varato per un programma farmaceutico. Così come BioNTech, di base a Mainz nella Renania-Palatinato, si è giovata di importanti finanziamenti del governo tedesco e di un prestito dell’Unione Europea. Su entrambe le sponde dell’Atlantico la scienza più avanzata, sostenuta da importanti investimenti governativi, ha generato un risultato che Drew Weissman – pioniere dell’mRNA e docente di Medicina alla University of Pennsylvania – definisce “molto simile perché le differenze fra BioNTech e Moderna sono solo nelle strutture periferiche”.(6)

Ciò che il vaccino dimostra è la capacità delle biotecnologie di affrontare le sfide della conoscenza nel XXI secolo consentendo alle medicine biologiche di avvantaggiarsi di sistemi che già esistono nei corpi umani: gli acidi nucleici con DNA e mRNA possono fornire ricette alle nostre cellule per creare le sostanze di cui hanno bisogno. Ecco perché “l’esperienza della lotta al Covid-19 cambierà quasi sicuramente il futuro della scienza dei vaccini,” commenta su “Nature” Dan Barouch, direttore del Centro di Virologia e Ricerca sui Vaccini alla Scuola di Medicina di Harvard a Boston, in Massachusetts, “in quanto dimostra a quale velocità possiamo procedere davanti a una reale emergenza globale, senza fare compromessi sulla sicurezza”.(7) E ciò significa guardare con fiducia anche a quelle eccellenze italiane come l’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e la GlaxoSmithKline (GSK) Vaccines di Siena che si sono affermate come trincee avanzate della ricerca contro la pandemia. Rino Rappuoli, capo scientifico della divisione vaccini di GlaxoSmithKline a Siena, spiega come “le ampie somme donate da governi e filantropi sono state decisive perché hanno consentito di fare in parallelo, e non in sequenza, i test di fase 1, 2 e 3 con la manifattura, accorciando i tempi e riducendo i rischi”. Ma non è stato un cammino breve né facile: la ricerca basilare sui vaccini DNA è iniziata almeno venticinque anni fa e quella sui vaccini a mRNA ha alle spalle dieci-quindici anni di investimenti importanti, alcuni dei quali mirati alla lotta contro i tumori. Basti pensare che appena cinque anni fa la tecnologia che è stata adoperata per combattere il Covid-19 non sarebbe stata disponibile.

Il terzo vaccino, realizzato dalla società AstraZeneca anglosvedese con l’Università di Oxford in Gran Bretagna, trasporta l’mRNA con un vettore virale – realizzato dalla IRBM di Pomezia – che non si replica. Anche in questo caso però “trae beneficio da anni di ricerca dovuti alle precedenti battaglie contro SARS, MERS, Ebola e malaria”, come osserva Beate Kampmann, direttore del Centro vaccini della London School of Hygiene & Tropical Medicine precisando però che “questo approccio continua a essere meno costoso rispetto all’uso dell’mRNA”. (8)

In tale cornice il tentativo di Russia e Cina di cogliere l’occasione della pandemia di Wuhan per dimostrare la competitività a livello globale della loro ricerca scientifica finora non ha dato i risultati auspicati. Sebbene le aziende cinesi producano infatti circa un quinto dei vaccini del Pianeta, nella sfida al Covid-19 i più accreditati sono i due vaccini di Sinopharm, ma con un’efficacia limitata all’86 per cento dei casi rispetto al circa 95 di Pfizer e Moderna e, inoltre, senza essere accompagnata dalla diffusione dei dati relativi, ad esempio sulle infezioni generate. E lo Sputnik V russo, pur lanciato dal Cremlino con largo anticipo rispetto ai vaccini occidentali, evocando anche nel nome lo spirito della Guerra Fredda, non rispetta gli standard euroamericani ed è diffuso soprattutto sul mercato interno, senza riscuotere neppure grande fiducia nella popolazione russa. Insomma, la sfida scientifica di Mosca e Pechino a USA e UE deve cedere il passo ai risultati del biotech che vengono dai laboratori del Massachusetts e della Renania-Palatinato. Le biotecnologie mancano a Cina e Russia perché si generano da una miriade di società in competizione fra loro, un modello di ricerca che distingue le democrazie avanzate e contrasta con l’accentramento della ricerca in grandi conglomerati pubblici. Ma è una gara che inizia adesso, e come tutte le competizioni scientifiche potrà avere più vincitori e pare destinata ad assumere un valore strategico di lungo termine. In attesa di sapere se Mosca e Pechino riusciranno a competere sul fronte della ricerca con le imprese farmaceutiche occidentali possono esserci però pochi dubbi sul fatto che l’inizio della stagione del vaccino ha già un vincitore: chi ha creato, studiato, finanziato, approvato e sostenuto lo sviluppo delle biotecnologie negli USA e in Europa.


Note

  • (6) Paving the Way for a Covid-19 Vaccine: A Conversation with Dr Drew Weissman, in “Penn Medicine.org”, 11 dicembre 2020.
  • (7) Philip Ball, The Lightning-Fast Quest for Covid Vaccines, in “Nature.com”, 18 dicembre 2020.
  • (8) Anjana Ahuja, The Long Road to a Covid-19 Vaccine, in “Financial Times”, 16 giugno 2020.

Guida alla lettura

Covid e scienza. Questo paragrafo che contiene la storia dei vaccini anti Covid-19 ha nel contesto del saggio funzione di esempio dimostrativo della tesi di fondo che cioè le democrazie occidentali possono fare ancora molto per migliorare le condizioni di vita degli esseri umani, sia sul piano materiale che su quello dei diritti individuali.

Sulla crisi delle democrazie e sulle tesi di Maurizio Molinari vedete anche la pagina “Democrazia e digitale”.

Ma torniamo alla storia dei vaccini. Costruite la mappa mentale del testo.

  • La frase che presenta l’opinione che l’autore vuol sostenere è già nelle prime righe: individuatela.
  • Osservate le info su chi ha fondato BioNTech e su chi guida oggi Pfizer.
  • Riassumete con attenzione la tecnica usata da questi vaccini, confrontatela con quella di AstraZeneca.
  • Individuate l’azienda e le istituzioni di ricerca italiane citate.
  • Individuate i pareri autorevoli su questi vaccini ed esponete le ragioni che li fanno pensare come capaci di rivoluzionare le cure mediche.
  • Individuate l’opinione dell’autore sul perché la ricerca occidentale dà migliori risultati rispetto a Cina e Russia e sul futuro della competizione.
  • Spiegate le info che vengono dalle note a pie’ di pagina.

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