Figure e allegorie. L’originalità del racconto di Dante si manifesta nella caratterizzazione delle due guide principali, Virgilio e Beatrice, che hanno certamente un marcato senso simbolico, ma anche un forte spessore narrativo. I caratteri di Virgilio e Beatrice sono delineati in modo netto dalla loro vita terrena e le loro azioni nel mondo eterno dell’aldilà danno definitivo compimento al loro modo di essere da vivi. Su di loro cfr. Dalla schedatura all’analisi testuale. Figure.
Ma non tutti i personaggi della Commedia sono umani. Un’importanza notevole nel racconto hanno i demoni e gli angeli. Questi personaggi non sono mai stati uomini, la dimensione della loro esistenza non è mai il tempo terreno, ma l’eternità
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Angeli e demoni: allegorie
La caratterizzazione di angeli e demoni ha un significato simbolico chiaramente percettibile in senso allegorico. La simbolizzazione allegorica agisce diversamente da quella figurale: cancella il significato letterale per assumere un senso “altro”.
È così che una lonza diventa il simbolo della lussuria, un leone diventa il simbolo della superbia e una lupa diventa il simbolo dell’avidità senza limiti. Il senso letterale dei tre animali è cancellato, a ciascuno è attribuito un senso che presuppone nel lettore familiarità con il retroterra culturale del testo.
E qui cominciano le difficoltà. Questa interpretazione che sembra così piana è in realtà molto controversa. Anzitutto occorre determinare cosa sia una “lonza”: una lince, o forse un ibrido tra lupa e cane, o forse un ibrido tra leopardo e leone, a seconda delle diverse fonti. Ma il problema più complesso è quello di stabilire il suo valore simbolico. Gli antichi commentatori ritengono che la lonza sia la lussuria (il leone la superbia, la lupa l’avarizia), cioè tre dei sette vizi capitali. A favore di questa interpretazione stanno anche i versi dell’XI canto dove Virgilio spiega la struttura dell’inferno e nomina «le tre disposizion che ‘l ciel non vole, / incontinenza, malizia e la matta / bestialitate».
Ma proprio qui si apre la discussione: se sul leone c’è concordia (rappresenta la «matta bestialitate» cioè la violenza), quale delle due, la lonza o la lupa, è l’incontinenza e quale la frode?
Gerione
Nel XVI canto Dante è alle prese con Gerione, il demone che custodisce il cerchio dei fraudolenti, un mostro dalla «pelle dipinta», come quella della lonza dalla «gaetta pelle». Il riferimento alla lonza a proposito di Gerione è di Dante stesso che, richiesto da Virgilio, gli passa la corda che ha in vita, una corda con la quale un’altra volta aveva pensato, dice, di usare per catturare la lonza (Inf, XVI, 106-114).
Io avea una corda intorno cinta, e con essa pensai alcuna volta 108 prender la lonza a la pelle dipinta. Poscia ch'io l'ebbi tutta da me sciolta, sì come 'l duca m'avea comandato, 111 porsila a lui aggroppata e ravvolta. Ond' ei si volse inver' lo destro lato, e alquanto di lunge da la sponda 114 la gittò giuso in quell' alto burrato.
Allora la lonza sarebbe veramente la lussuria. Ma perché questa corda ora serve ad adescare il mostro che custodisce l’ottavo cerchio, cioè il cerchio della frode? Ci sono lettori che giudicano la corda, in quanto laccio, simbolo della seduzione amorosa. Virgilio con la corda alletta il mostro, emblema della frode, perché si presti a far superare il burrone che ostacola il cammino. Ma altri obiettano che la corda è anche simbolo della volontà di tenere a freno l’incontinenza amorosa. Quindi essa in realtà è l’oggetto che consente ai due viandanti di venire a contatto con la frode protetti da una sorta di talismano.
Ci sono buone ragioni in un senso e nell’altro. La questione non è risolvibile, proprio perché, a differenza delle figure, le allegorie prescindono dal significato letterale dei personaggi, e degli oggetti e degli eventi.
Insomma l’identificazione della lonza che sembra tanto facile è uno dei molti misteri di questi antichi versi.