Sono una lettrice appassionata di romanzi storici dall’intreccio complesso e ramificato, e ho subito amato questo romanzo con decine e decine di personaggi nelle situazioni più diverse: la tragedia indicibile e l’incongrua storia d’amore; lo spavento della guerra e la miseria della delazione. Azioni di guerra, e faccende domestiche; passeggiate nei parchi cittadini, e missioni nella steppa; roghi di città, e ghiacci artici. Uomini e animali sconvolti dalle bombe, e lo scorrere quotidiano della vita. Paesaggi devastati dall’agire umano, e paesaggi estranei al tempo umano. Leggi di più
Quando sono arrivata all’ultima parola di Vita e destino, mi son resa conto che di molti personaggi e della loro storia si perdono le tracce: che ne è stato di Serëža e Katja? che succederà a Krymov e a Ženja? e il professor Štrum che farà? E Vera con suo padre e il suo bambino? e sua nonna Aleksandra? Il racconto tace sul loro futuro, che resta aperto e sconosciuto al lettore.
Ma se non è possibile sapere cosa avverrà “dopo”, è tuttavia possibile sapere che cosa è successo “prima” a questi personaggi, perché, fortunatamente, nel caso di Vita e destino, un “prequel” c’è: è un romanzo pubblicato nei primi anni Cinquanta in Unione Sovietica con il titolo Per una giusta causa (Za pravoe delo). Il suo autore lo ha scritto “prima” di Vita e destino (Zhizn i sudba), perché ha concepito fin dall’inizio il disegno di un unico e lungo e complesso racconto.
Peccato però che non ne esista, almeno ad oggi aprile 2020, una traduzione italiana. La scelta editoriale di tradurre solo il secondo romanzo della dilogia penalizza il lettore italiano, che condivide questa mancanza con i lettori tedeschi e spagnoli. Per il lettore francese la situazione è migliorata nel 2000, vent’anni dopo la traduzione di Vie et destin, quando del primo romanzo è stata pubblicata la traduzione di Luba Jurgenson, per la casa editrice L’Age d’Homme di Losanna, con il titolo Pour une giuste cause. Il lettore inglese ha a disposizione Life and Fate dal 2006 nella traduzione di Robert Chandler, e dal 2019 la traduzione del primo romanzo, curata da Elisabeth e Robert Chandler. Il titolo scelto è Stalingrad, cioè il titolo originale che l’autore avrebbe voluto e che modificò a causa delle pressioni censorie cui fu sottoposto.
Le due traduzioni inglese e francese del primo romanzo a così grande distanza temporale dalla traduzione del secondo segnalano un interesse rinnovato per questo grandissimo scrittore russo. La decantazione prodotta dallo scorrere del tempo permette ora una lettura meno condizionata dalla volontà di denunciare lo stalinismo e l’intero sistema sovietico. La profondità della critica al mondo sovietico, il parallelo tra i due totalitarismi, nazista e staliniano, acquistano nella lettura completa dell’opera una nuova prospettiva più profonda ed articolata.
È superata anche l’opposizione tra le due parti della dilogia. Non ha senso leggere Vita e destino come denuncia delle infamità del regime sovietico, mentre Per una giusta causa sarebbe un ordinario romanzo dell’era staliniana. Già Semën Lipkin con vigore polemico metteva in guardia il lettore da questa distorsione prospettica della critica degli anni Ottanta. No. È secco Lipkin nella sua memoria, Le destin de Vassili Grossman.
(…) con i suoi ritratti realistici della gente semplice, dei contadini, degli operai, delle donne sfinite, con l’amara verità della vita quotidiana dell’Unione Sovietica, con le descrizioni geniali di Hitler e dell’incendio di Stalingrado, con la morte del battaglione Filiaškin, e l’incontro del comandante Berëzkin con sua moglie, no, (Per una giusta causa) non è un romanzo sovietico ordinario.
Proprio queste parole di Semën Lipkin e la curiosità di lettrice che vuol sapere tutto dei personaggi che ama mi hanno condotto tra le pagine di Per una giusta causa e poi ancora di Vita e destino e … ho scoperto una storia affascinante, una storia che si dipana nell’intera dilogia.
È storia di guerra, di guerra popolare, di resistenza popolare, tesa nella speranza di conquistare “dopo” condizioni di vita meno povere e finalmente libere. Ma è soprattutto storia di come questa speranza andò in fumo, e nello stesso tempo si costruì una bugia, quella della “Grande Guerra Patriottica”: la memoria di Stato, oggi noi diremmo la “narrazione” di Stato, annientò o mutilò le memorie altre, che pure esistono.
E la dilogia grossmaniana restituisce loro la voce.
Eindhoven-Vimercate, agosto 2016-aprile 2020