I migranti ci guardano

I migranti ci guardano. In viaggio con quattro profughi su una corriera del Monferrato: “Vedendo i turisti ci eravamo illusi che gli italiani fossero ricchi”. Un’inchiesta di Domenico Quirico pubblicata su La Stampa del 9 luglio 2017.

I migranti ci guardano

I migranti ci guardano. Lo so che è una sciocchezza. Anzi: peggio, è inutile. Capovolgere il discorso, non quello che noi pensiamo dei migranti, ma tentare di definire il contrario.

Cioè quello che loro pensano di noi, italiani, ospiti renitenti, samaritani ringhiosi o turbati dal dubbio di commettere, accogliendo, un errore. Che strana domanda: a chi mai potrebbe interessare il giudizio di un migrante? Diamine: non è un turista o uno scrittore o un uomo d’affari. Un migrante.Leggi di più

Guida alla lettura

I migranti ci guardano. E’ un’inchiesta che vuole far sentire le voci dei migranti ecco perché è a loro che dà la parola. E le parole dei quattro migranti occupano la gran parte dell’intero testo.

Lo scopo di un’inchiesta, come sempre, è quello di dare un’informazione.

Ma qui è esplicita da parte di chi scrive un’osservazione critica nei confronti del lettore italiano: distratto o rabbioso verso i migranti (“italiani, ospiti renitenti, samaritani ringhiosi o turbati dal dubbio di commettere, accogliendo, un errore.”). E vi sono altre spie nel testo: a voi indicarle.

E’ esplicita anche la partecipazione umana alle tribolazioni dei quattro migranti che parlano: prima di dar loro la parola, i quattro sono presentati come uno dei molti esempi di sofferenza che li affligge e di speranza che li guida.

La critica e la partecipazione di chi scrive emergono anche dalla sintassi e dalla punteggiatura, sempre molto personale in Domenico Quirico.

La sintassi ama la frase breve: si osservi il capoverso iniziale (“Lo so che è una sciocchezza. Anzi: peggio, è inutile. Capovolgere il discorso, non quello che noi pensiamo dei migranti, ma tentare di definire il contrario”). La seconda e la terza frase sono un completamento della prima, ma sono rese sintatticamente indipendenti, con un uso della punteggiatura molto forte: i due punti, anziché una virgola, dopo “anzi”.

La quarta frase (“Cioè quello che loro pensano di noi, italiani, ospiti renitenti, samaritani ringhiosi o turbati dal dubbio di commettere, accogliendo, un errore. Che strana domanda: a chi mai potrebbe interessare il giudizio di un migrante? Diamine: non è un turista o uno scrittore o un uomo d’affari. Un migrante.”) è un ulteriore completamento delle prime tre. Ma anche qui la punteggiatura è molto forte. La frase si apre con “Cioè”, ma è collocata in un suo proprio capoverso ad evidenziare nel tema dell’inchiesta il motivo della sordità nostra alle voci di chi entra nel nostro paese.


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