I tedeschi avevano incendiato i serbatoi. Il brano che proponiamo è in un romanzo storico russo scritto alla metà del Novecento da Vasilij Grossman, Vita e destino. È un romanzo storico, perché racconta eventi realmente accaduti alla metà del XX secolo: l’invasione tedesca della Russia, il genocidio degli ebrei nelle retrovie del fronte in Ucraina, la battaglia di Stalingrado.
L’episodio che qui viene evocato, l’incendio che i Tedeschi appiccano ai depositi di carburante della città, è un fatto vero accaduto il 14 ottobre 1942, durante uno dei più duri attacchi contro le posizioni sovietiche. Anche il generale Krylov è realmente esistito, fu uno dei capi della 62° armata che difese strenuamente Stalingrado nell’estate/autunno del 1942.
Ma questa è la pagina di un romanzo, non un articolo di cronaca: il racconto del tremendo incendio comincia col racconto di un sogno.
Il brano è tratto da Vasilij Grossman, Vita e Destino, Adelphi, Milano, 2008, parte prima, cap. 9
Su ItalianaContemporanea il testo è rubricato nella categoria testo letterario, e in Guerra. Pagina storica.
Era notte fonda quando il generale Krylov si stese sulla branda del suo bunker. Aveva un martello in testa e un buco in gola per le decine di sigarette fumate. Si passò la lingua sul palato asciutto e si voltò verso il muro. La sonnolenza gli confondeva i ricordi, e nella sua mente le battaglie di Odessa e Sebastopoli, le grida della fanteria rumena all’attaco, i cortili lastricati e coperti d’edera di Odessa e la bellezza marinara di Sebastopoli erano un unico groviglio.
Immaginò di essere di nuovo a Sebastopoli, al comando e nella nebbia del sonno vide brillare il pince-nez del generale Petrov; poi migliaia di schegge accesero quelle lenti, il mare sussultò e la polvere grigia degli scogli spaccati dai proiettili tedeschi schizzò sopra le teste di marinai e soldati, levandosi alta sul monte Sapun.
Poi toccò allo sciabordio impassibile dell’onda contro il bordo dello scafo e alla voce rozza del sommergibilista: “Salta!”. Krylov pensò di essersi tuffato, invece il suo piede toccò il fusto del sommergibile … Un ultimo sguardo a Sebastopoli, alle stelle nel cielo, agli incendi sulla riva …
Krylov si assopì. Ma la guerra non gli dava requie nemmeno in sogno. Il sommergibile era diretto a Novorossijsk … Krylov stringeva sé le gambe intorpidite, aveva il petto e la schiena coperti di sudore, il rombo del motore gli martellava le tempie.
All’improvviso il motore si spense e il sommergibile si posò delicatamente sul fondo. Il caldo divenne insopportabile, la volta di metallo lo schiacciava …
Prima sentì molte voci che urlavano tutte insieme, poi arrivò l’acqua: era esplosa una bomba di profondità e l’onda lo aveva tirato giù dalla cuccetta. Krylov aprì gli occhi: era circondato dalle fiamme, e accanto alla porta spalancata del rifugio un fiume di fuoco correva verso il Volga tra le urla degli uomini e il crepitare delle mitraglie.
“Il cappotto, copriti la testa col cappotto!” gli strillò un soldato che non conosceva porgendogliene uno, Ma Krylov lo scostò urlando: “Chi comanda, qui?”
E all’improvviso capì: i tedeschi avevano incendiato i serbatoi e il petrolio in fiamme si stava riversando nel Volga.