Il Cobianchi e la parabola dell’istruzione tecnica in Italia

Il Cobianchi e la parabola dell’istruzione tecnica in Italia. In una memoria del 1918, Paolo Casana presidente del Ente Morale afferma con nettezza l’identità della formazione tecnica, mantenendo la visione della scuola voluta dai fondatori. Nella sua “memoria” presenta al Ministero dell’Istruzione Paolo Casana espose la propria visione del Cobianchi definendolo una scuola speciale alla quale si deve riconoscere, pur nel rispetto delle normative, autonomia e originalità coerenti con l’origine e ragione della sua presenza. La questione controversa era (e si è riproposta negli ultimi anni) se mantenere la ratio della scuola sulle necessità industriali, soprattutto il bisogno di personale preparato a reggere la competizione con i concorrenti, oppure dare nella scuola uno spazio più ampio alle materie di cultura generale a scapito dei laboratori di esercitazione pratica.
Il Cobianchi e la parabola dell'istruzione tecnica in Italia.
Il Cobianchi e la parabola dell’istruzione tecnica in Italia. Un altro brano tratto dal lungo saggio di Angelo Bonomi è dedicato alla parabola dell’istruzione tecnica in Italia attraverso le alterne vicende dei rapporti tra il Ministero e il Cobianchi. L’edizione integrale del saggio, dal titolo, Il Cobianchi di Intra: storia dell’istruzione tecnica nel Verbano Cusio Ossola, ruolo e limiti nello sviluppo industriale del territorio è stata pubblicata su Le Rive nel 2012 ed è disponibile nella versione integrale sul sito di complexitec.


Da Arti e Mestieri a Scuola Professionale

Lo sviluppo iniziale del Cobianchi non può non essere collegato al suo primo direttore, il prof. Angelo Arturo Pozzi, nato a Milano nel 1844, dove compì studi scientifici universitari per darsi nel 1874 all’insegnamento. Fu direttore di varie scuole tecniche in Italia per raggiungere poi Intra nel 1885 per assumere la direzione del Cobianchi. Sua è l’attuazione pratica all’interno della scuola del decreto di riordinamento del 17 settembre 1910, per la quale si era battuto fin dal 1906. Sotto la sua direzione il Cobianchi si trasformò da Istituto per Arti e Mestieri a Scuola Professionale di livello superiore per coloro che intendevano avviarsi, nella qualità di direttori o di assistenti tecnici, alle industrie meccaniche, elettrotecniche e chimiche.

Le idee del prof. Pozzi riguardo al rapporto tra la formazione tecnica e l’industria erano particolarmente moderne per quel tempo. In un suo discorso pronunciato durante un pranzo in suo onore voluto dagli insegnanti del Cobianchi e dal Comune di Intra nel giugno del 1907, oltre a passare in rassegna alla situazione della scuola, con le difficoltà finanziarie e il numero limitato di allievi esistenti, espose alcune sue considerazioni, innovative a quel tempo e tuttora valide, riguardo al rapporto tra scienza e industria e alle condizioni in cui questo si trovava in Italia, e che sono riportate di seguito.

Il professor Pozzi e il valore dell’istruzione tecnica

«Il fenomenale, straordinario aumento delle scoperte scientifiche fatte tra la fine del secolo 18° e il principio del 19° lasciava intravedere uno sconfinato campo di applicazioni delle scoperte stesse all’industria; ed ecco, senza por tempo di mezzo, le nazioni più chiaroveggenti istituire scuole di Arti e Mestieri atte a preparare il personale per la trasformazione dei concetti della scienza in prodotti per l’industria … In Italia, le condizioni politiche sfortunatamente impedirono l’istituzione a tempo di tali scuole, per cui l’Italia era nell’industria ritenuta una nullità rispetto alle altre Nazioni progredite ed anche dopo il suo risorgimento, venne tenuta come mercato ove sfogare i prodotti esteri». Il prof. Pozzi continuava poi affermando come il primo impulso allo sviluppo industriale del paese sia dipeso dalla valente schiera d’ingegneri usciti dai Politecnici e dalle altre Scuole Tecniche italiane.

Nel 1906 il Consiglio di Vigilanza e il Collegio dei Docenti elaborarono, per la struttura e i programmi della scuola, un progetto di statuto che prevedeva un corso inferiore professionale di tre anni, gestito in compartecipazione con il Comune di Intra già dal 1896, e un corso superiore industriale di quattro anni, di cui il primo preparatorio e gli altri applicativi, con quattro indirizzi: meccanica, elettrotecnica, chimica e tessitura-filatura. Questo progetto tuttavia presentava costi elevati per cui il Ministero invitava a modificarlo sollevando dubbi sull’opportunità di un corso inferiore di cultura generale nella scuola professionale, inoltre consigliava di riunire le sezioni di elettrotecnica e meccanica consentendo economie di gestione.

Venne quindi deciso di seguire la direttiva del Ministero e unire le sezioni di meccanica ed elettrotecnica adottandola già nell’anno scolastico 1906/07. Riguardo all’anno preparatorio di cultura generale del corso inferiore triennale, la Direzione del Cobianchi cercò di risolverlo da una parte garantendo la disponibilità delle strutture necessarie per il corso professionale e d’altra parte dandone la gestione al Comune di Intra che era interessato a mantenerlo. Si arrivò quindi all’ultima e ben sesta proposta che venne infine approvata dal Ministero con il Regio Decreto del 17 settembre 1910. In questo modo veniva stabilità una struttura per il Cobianchi composta da due sezioni diurne di Meccanica-Elettricità e Chimica configurate in un corso di quattro anni di cui il primo anno e parte del secondo dedicato allo studio di discipline scientifiche comuni. Sopravviveva comunque al Cobianchi un corso serale di disegno ornamentale e geometrico applicato ai mestieri.

Il decreto del 1910 collocava quindi la scuola al livello più alto dell’istruzione media tecnica trasformandone profondamente il profilo originario tanto da sollevare l’obiezione che essa avesse tradito la volontà dei fondatori. L’opposizione più decisa al nuovo assetto veniva dal Consiglio Comunale di Intra poiché, non prevedendo esso la presenza di un corso inferiore nella struttura del Cobianchi, obbligava il Comune a trovare delle nuove soluzioni per gestire la propria scuola tecnica. Superato quest’ostacolo con la disponibilità del Cobianchi a garantire in ogni caso la struttura necessaria al funzionamento dei corsi inferiori, il nuovo asset- t venne infine approvato nel 1910 dall’Amministrazione Comunale. La scelta di puntare più decisamente sui contenuti della meccanica e della chimica, cancellando ogni riferimento alle professioni operaie, significava puntare verso una professionalità più elevata sollecitando un’utenza socialmente e culturalmente diversa. Tutto ciò poteva essere inteso come un’arbitraria deviazione dalle linee originarie o al contrario come un’improrogabile necessità risultante da un ripensamento per ridefinire il quadro generale delle prospettive e delle scelte strategiche che, alla luce dell’evoluzione storica del cinquantennio successivo, non può ora non definirsi lungimirante. Pur mantenendo un legame organico con l’imprenditoria locale, la scuola si pose in sintonia con la generale evoluzione dell’attività industriale delle regioni settentrionali, consapevole che il rapporto scuola-industria dovesse essere ricercato nei settori di più forte evoluzione tecnologica fornendo un adeguato livello di formazione dei quadri tecnici e dirigenti. (…)

Il decreto legge del 31 ottobre 1923 stabiliva una riforma integrale dell’istruzione scolastica, conosciuta come Riforma Gentile dal nome del Ministro Giovanni Gentile che la mise in atto. Ispirandosi largamente alla superiorità degli studi umanistici nel formare la classe dirigente italiana, senza però tralasciare l’istruzione tecnica, questa riforma stabiliva a grandi linee la divisione dell’istruzione scolastica in tre fasi: la prima riguardante la scuola elementare, la seconda riguardante un’istruzione media inferiore e la terza riguardante un’istruzione media superiore che per certi percorsi dava poi accesso agli studi universitari. Nella sua forma finale essa comprendeva accanto al liceo classico, scientifico e all’Istituto magistrale, vari tipi di Istituti tecnici di natura commerciale, agricola e industriale portando in ogni caso l’istruzione disponibile nei vari indirizzi prima dell’università a tredici anni di scolarizzazione. Il sistema scolastico era poi caratterizzato da numerosi esami alla fine delle varie tappe scolastiche e per l’accesso ai vari livelli superiori. Per quanto riguarda l’accesso alle università solo il percorso del liceo classico permetteva l’accesso a tutte le facoltà universitarie mentre gli istituti tecnici non ne avevano accesso, nemmeno a facoltà la cui materia era direttamente legata agli studi fatti.

Il Cobianchi, pur avendo il Ministero deciso di elevare il suo contributo, aveva grossi bisogni per rinnovare le strutture che si erano degradate durante il periodo bellico. Un’altra preoccupazione riguardava in particolare l’esigenza di portare la durata degli studi da tre a cinque anni prevista nella riforma. Su questo punto era stato elaborato al Cobianchi nel 1929 un progetto per il prolungamento a quattro anni. Il Ministero, in ottemperanza alla riforma che prevedeva una durata quinquennale per le scuole professionali di terzo grado, propose uno schema comprendente una sezione per periti chimici della durata di cinque anni con annessa Scuola di tirocinio per muratori elettricisti a corso quadriennale. Si trattava di una proposta incoerente con la realtà esistente, che non corrispondeva ai bisogni dell’industria locale, e che non poteva essere giustificata neanche da questioni finanziarie.

Vi fu quindi un ennesimo intervento presso il Ministero da parte del Consiglio di Amministrazione il quale, dando anche assicurazioni riguardo la disponibilità di sostegni esterni, ottenne le modifiche richieste. Il Collegio degli Insegnanti della scuola fu così in grado, come Regio Istituto Industriale di Intra, di aumentare a quattro anni la durata dei corsi nel 1924/25 e a cinque nel 1925/26 e condurre i primi esami di abilitazione per il diploma di periti tecnici. Questo nuovo assetto rispondeva anche al bisogno di provvedere alla preparazione di allievi provenienti da scuole di livello inferiore e quindi di costituire una più ampia formazione propedeutica. Sul piano dei sostegni esterni necessari per coprire le spese di un tale ampliamento dei corsi intervenne, oltre all’Ente Morale, anche il Comune di Intra, la Provincia di Novara e la Camera di Commercio, e si ottenne il supporto anche di altri enti come la Banca Popolare di Intra, l’Unione Industriali del VCO e la Società Dinamo, importante produttrice di energia elettrica verbanese. Per la definizione dei nuovi programmi il Cobianchi fu coinvolto dal Ministero già nel 1925. Seguendo le impostazioni generali della Riforma Gentile, la parte di cultura generale e di lingue straniere venne rinforzata e aggiunto un corso di economia industriale. Nel caso del Cobianchi, mentre nei primi due anni si insegnava francese, negli anni seguenti i docenti di chimica favorirono l’insegnamento del tedesco invece dell’inglese vista l’importanza della chimica tedesca esistente in quegli anni.

A seguito di questo riordino il Cobianchi acquistò nel 1933 la denominazione di “Regio Istituto Tecnico Industriale Lorenzo Cobianchi” con una denominazione che si è conservata sostanzialmente la stessa fino al 2009 quando è diventata “Istituto di Istruzione Superiore”.

Vi è concordanza sul fatto che la Riforma Gentile si sia ispirata alle idee di Benedetto Croce, il più importante filosofo italiano del XX secolo. Le sue idee di superiorità della filosofia idealistica rispetto a campi come la matematica e la scienza erano evidenti, come dimostrato dal suo intervento al Congresso della Società Filosofica Italiana del 1911, in opposizione alla proposta di discutere anche di matematica e scienza, esprimendosi con queste parole: «La matematica e la scienza non sono vere forme di conoscenza, adatte solo agli ingegni minuti degli scienziati e dei tecnici in contrapposizione alle menti universali dei filosofi idealisti». Occorre dire che, mentre Benedetto Croce conservò quest’opinione fino alla sua morte nel 1952, Giovanni Gentile mostrò comunque un interesse per l’istruzione scientifica e tecnica e anche il regime promosse numerose iniziative in favore della scienza. Tuttavia l’idea nazionalistica che il genio italiano potesse fare a meno d’idee straniere generò una forma di autarchia intellettuale che rallentò i processi di cambiamento e che non è tuttora scomparsa. In ogni caso intere generazioni della classe dirigente italiana vennero educate alla superiorità della cultura umanistica rispetto alla cultura scientifica e tecnica.

Un altro aspetto negativo della riforma riguardava l’idea che l’istruzione superiore dovesse essere elitaria, premiando la qualità degli studi piuttosto che la quantità di studenti, non facendo quindi nulla ad esempio per aumentare il numero dei licei. Mentre per la cultura umanistica la posizione elitaria poteva avere una giustificazione, questa non era sostenibile per la cultura scientifica e tecnica che, avendo uno sviluppo di natura combinatoria, era favorita dal numero di scienziati e tecnici e dalla diffusione delle conoscenze. Il grande sviluppo tecnologico e scientifico avvenuto durante il periodo bellico favoriva quindi i paesi industrializzati dove si era abbandonata la posizione elitaria per gli studi universitari e favorito lo sviluppo di scienza e tecnologia rendendo la loro industria e l’economia dei loro paesi molto forte. L’Italia veniva a trovarsi in una situazione che, nonostante lo sviluppo del dopoguerra, diventava sempre più insostenibile con un’industria basata soprattutto su produzioni di basso livello tecnologico e sull’importazione di tecnologie estere. Si arriverà solo dopo lunghe trattative alla legge 1859 del 31 dicembre 1962 con una prima modifica della Riforma Gentile, aprendo l’università anche ai periti industriali. Ne seguì un lungo periodo di cambiamenti, sfociati verso un’uniformazione dell’istruzione scolastica e a una riduzione del carattere professionale degli studi tecnici, e infine a una struttura scolastica e universitaria definitiva con la Riforma Gelmini del 2010.

Questi cambiamenti non sono stati favorevoli all’istruzione tecnica e si sono ripercossi nel Cobianchi con drastiche riduzioni di fondi per attrezzature e strumentazione, e infine anche di ore di laboratorio per le esercitazioni pratiche, come se prevalesse l’idea che l’industria non dovesse avere un bisogno particolare di giovani specificatamente professionalizzati a quel livello di scolarizzazione.

Gli anni ‘70 furono caratterizzati da un rallentamento dello sviluppo industriale del VCO e gli anni ‘80 da una grave crisi con la chiusura d’importanti stabilimenti e l’avvio di un declino industriale che perdura tuttora. Con questi cambiamenti si interruppe per il Cobianchi il rapporto privilegiato con l’industria e gli enti locali che aveva caratterizzato la sua storia anche con donazioni private, le ultime registrate nel 1957. La crisi industriale del territorio non significò necessariamente una crisi del Cobianchi ma una sua evoluzione e arricchimento di nuove sezioni, non solo tecniche e scientifiche, ma anche umanistiche, imponendosi come un grande istituto di istruzione medio-superiore nel territorio. (…)

L’introduzione di nuovi corsi negli anni ‘70 faceva parte di un quadro didattico sperimentale al quale il Cobianchi aveva aderito, fornendo così un importante contributo al Ministero, e che ha richiesto molto lavoro da parte dei docenti. Notabile il fatto che molti di questi nuovi corsi d’indirizzo umanistico e scientifico vennero accettati dal Cobianchi a seguito del disinteresse dei licei locali nell’assu- mere gli oneri della sperimentazione. Se da una parte in questo nuovo corso di studi vi è stato uno sforzo di arricchimento nel campo tecnico con l’introduzione ad esempio di corsi d’informatica, elettronica, automazione e approfondi-menti di matematica, esso si è tradotto alla fine con una penalizzazione degli studi tecnici con la riduzione dei finanziamenti e di ore di laboratorio già citata. Questo fatto è in relazione con una nuova visione della scuola, iniziata con la creazione della scuola media unica nel 1963, e continuata con un processo di uniformazione degli studi secondari superiori. Questo ha porta-to a una de-professionalizzazione e de-specializzazione degli studi tecnici e a un diploma non abilitante e preprofessionale. Si tratta di una concezione che può far discutere se sia una valida risposta alle esigenze dell’industria italiana, ma che è certamente opposta a quella di Paolo Casana, illustrata nel 1916 nella sua difesa della cultura tecnica del Cobianchi, e che ha reso questo istituto così importante sul territorio. Resta il fatto che il Cobianchi è sicuramente diventato un grande istituto scolastico ma dove la parte tecnica originaria è ormai minoritaria.

Guida alla lettura e alla scrittura

Il Cobianchi e la parabola dell’istruzione tecnica in Italia. Esercizi di comprensione

  1. Scaletta. Il testo è molto lungo (2.299 parole). Suddividetelo in paragrafi e sottoparagrafi, dando ad ognuno un titolo: in questo modo ottenete una scaletta gerarchica piuttosto precisa dell’articolazione del discorso. Ve ne diamo un esempio. Il titolo “Da Arti e Mestieri a Scuola superiore” è un titolo aggiunto dalla nostra redazione. Come il suo sottotitolo “Il professor Pozzi…”

Il Cobianchi e la parabola dell’istruzione tecnica in Italia. Esercizi di composizione

  1. Dopo aver letto i due brani (il primo è quello dedicato alla figura di Lorenzo Cobianchi) dedicati al Cobianchi, esponetene i contenuti in una presentazione di non più di 10 slide. Accompagnate ogni slide con un commento, se lo ritenete utile, che non superi però i 50 – 60 secondi.