La biografia di Julija Shkred, profuga in Italia dall’Ucraina. La guerra l’ha costretta lasciare il suo paese. È giunta in Italia il 14 marzo da Volnovaskyi Raion, nel distretto di Novotroitske. L’agenzia dire.it ha pubblicato la sua storia lo scorso 6 maggio.
Julija Shkred. Il testo è di 508 parole, per la lettura richiede 2 minuti e mezzo circa.
Julija Shkred ha 35 anni, è giunta in Italia insieme al marito. Ha la fortuna di essere riuscita a portare nel nostro Paese i suoi tre figli: la più grande, 20 anni, ha il suo stesso nome. Poi ci sono Vadym, 10 anni, e la piccola Solomia, che di anni ne ha quattro.
L’Italia ha accolto i cinque componenti della famiglia Shkred al termine di un viaggio lungo e complicato, iniziato da una piccola cittadina dalla regione di Donetsk. “Inizialmente siamo stati evacuati dalla nostra città- informa- poi siamo arrivati a Leopoli in treno e abbiamo attraversato la Polonia e la Germania”. Nonostante tutti questi disagi, Julija non ha dubbi. “Se oggi mi diceste che la guerra è finita- si commuove- farei le valigie e tornerei subito a casa”.
La strada per tornare alla normalità è ancora in salita. “Per il momento qui in Italia non abbiamo una occupazione. Stiamo imparando la vostra lingua, che è un po’ complicata, ce la stiamo mettendo davvero tutta per poi trovare un’occupazione. In Ucraina mio marito non lavorava molto perché malato, si occupava della gestione della casa. Io, invece, compravo frutta e verdura dai contadini e la rivendevo al mercato. A casa lavoravamo anche il nostro orto”.
Nessuno potrà mai comprendere cosa questa giovane donna porti dentro di sé, quali pensieri la accompagnino durante il giorno. Anche lei, però, sa che la sera andrà a dormire con accanto i propri figli. “Dove noi abitiamo- tiene a precisare Julija- la guerra non è iniziata il 24 febbraio, come tanti pensano. Nella nostra città la guerra è cominciata otto anni fa. I nostri figli hanno infatti vissuto e sentito le prime esplosioni, i primi bombardamenti, i primi combattimenti nel 2014. Ovviamente dopo il 24 febbraio le bombe sono iniziate a cadere senza fermarsi e, come dicevo, sono già 8 anni che, purtroppo, vivono questa esperienza. In genere preferisco non parlare di questo argomento con i miei bambini”.
Un’esperienza, drammatica, che Julija e la sua famiglia si sono messe alle spalle. Lo stesso non accade, invece, per altri suoi familiari. “Nella mia città, ora occupata dall’esercito russo, vivono due mie sorelle- dichiara- e con loro riesco a parlare davvero raramente solo tramite WhatsApp, Viber o altre applicazioni di messaggistica. Riesco invece a sentire abbastanza spesso una terza sorella e mio padre, che si trovano su territorio libero controllato dall’Ucraina”.
Le difficoltà sono molte. Ma una piccola, grande vittoria, Julija l’ha conquistata. “Già il fatto di avere i miei figli con me, vivi e salvi, significa davvero molto”. Anche la giovane mamma vuole dire una cosa prima di salutarci. E anche in questo caso le lacrime bagnano il suo viso. “Roma e l’Italia ci piacciono moltissimo. Così come ci piace moltissimo Frosinone, dove adesso stiamo abitando. Voi italiani ci avete accolto molto bene, ma appena finita la guerra ci piacerebbe tantissimo tornare in Ucraina, poter vivere nella nostra casa e continuare a lavorare come facevamo prima. Speriamo davvero di avere presto la pace e, magari, di poter ritornare in Italia per visitarla come turisti”.