La divulgazione storica

La divulgazione storica. Il professor Alessandro Barbero in Statale a Milano. Cosa significa divulgare? Come si può conciliare accademismo e divulgazione? Qual è il ruolo dello storico nella contemporaneità e cosa lo rende un professionista?

La divulgazione storica. Una clip di pochi minuti tratta dal video dell’incontro con il prof. Barbero del 19 febbraio 2020, organizzato dagli studenti della lista di rappresentanza “UniSì – Uniti a Sinistra” dell’Università degli Studi di Milano. L’evento è stato introdotto da Marco Loria, presidente di UniSì, e moderato da Giovanni Dall’Avo Manfroni, consigliere nazionale degli studenti universitari di UniSì.

Il video integrale è su YouTube a questo indirizzo: https://youtu.be/9DE-sPvt16E

Si veda anche un intervento interessante della rivista Studi Trentini di Scienze Storiche. Ve ne riportiamo la parte conclusiva.

«Parafrasando Clemenceau, la storia è una cosa troppo importante per farla fare (solo) agli storici. La divulgazione – ma meglio ancora: la diffusione di un corretto sapere e sentire storico – non può poggiare solo sulle spalle, già piuttosto onerate, dei professionisti del settore. L’obiettivo della divulgazione deve per forza di cose coinvolgere settori diversi e ulteriori della cultura.

Questa contaminazione è naturalmente già presente nella realtà di tutti i giorni, ma non ha con ogni evidenza espletato tutte le sue potenzialità. Mi sembra che i modelli di interazione tra mittente/storico e destinatario/pubblico possano essere riassunti in due tipologie.

C’è un modello piramidale, in cui lo storico interagisce principalmente con i divulgatori (insegnanti, giornalisti, scrittori, responsabili di istituzioni museali e di uffici
turistici, guide, produttori televisivi e cinematografici), lasciando a questi il compito di principale interfaccia con il pubblico.

E c’è un modello orizzontale/molecolare, nel quale lo storico tenta di giocare in proprio la parte del divulgatore e di calarsi direttamente nel processo della comunicazione, scrivendo sui giornali, inventandosi romanziere, producendo manuali per le scuole o intervenendo sulla rete attraverso blog personali, profili sui social network, interventi in forum ed enciclopedie online.

Entrambi i modelli registrano esempi ed esperienze positive, molto diversificate nelle diverse realtà culturali e territoriali. L’impressione è che però non abbiano raggiunto ancora un livello di sistematicità tale da poter incidere efficacemente sui meccanismi della divulgazione e sulla formazione di un pensiero storico più maturo. Sussistono dunque ampi margini di miglioramento. Analizzare lo stato dell’opera risulta allora necessario se si desidera occupare qualche ulteriore spazio di intervento e creare una “massa critica” di buona comunicazione che possa fronteggiare la tanta merce avariata che quotidianamente viene riversata nel gran mercato delle idee e delle informazioni».