La libertà di correre

La libertà di correre. Trieste ancora austroungarica. Primi anni del Novecento. Una ragazza sostiene gli esami per conquistare l’accesso all’ottavo anno del ginnasio maschile. Diploma indispensabile per avere accesso all’Università e a professioni che assicurano l’indipendenza personale. L’esame è su otto materie, su programma di cinque anni di greco e sette di latino. Supera l’esame ed entra, unica femmina in una classe di maschi. Tutti si emozionano. Anche lei finisce per farsi coinvolgere: è giovane e non è insensibile al fascino di Giorgio Antero, il compagno più serio e sensibile. È bello baciarlo. Poi le cose prendono anche una piega drammatica. Un altro compagno si spara (ma naturalmente manca il cuore) e la madre di Antero si esibisce in un discorso degno dell’analisi del dottor Freud. Alla fine dell’anno la sintesi di questa giovane donna sarà: « Non mi avete capita. Io volli essere semplicemente un vostro compagno, e voi m’avete sempre respinto e ricacciato nel mio sesso, mi avete costretto a restar donna perché vi facessi del male».

Lei è Edda Marty, la protagonista di Un anno di scuola. È ribelle e temeraria. È anche fragile: non è facile inseguire il proprio sogno di libertà personale, quando tutto il mondo ti dice che hai torto! Giani Stuparich è l’autore di questo ritratto femminile, così coraggioso e così lucido, pubblicato per la prima volta nel 1929.

La libertà di correre

La libertà di correre. Racconto: un particolare genere di testo narrativo, più breve e meno complesso del romanzo. Vi presentiamo qui quattro brani dal racconto di Giani Stuparich (Trieste 1891 – Roma 1961), pubblicato da Einaudi a Torino nel 1961. L’edizione da cui sono tratti i brani è quella Einaudi nei “Nuovi Coralli” 1979.

Vienna a Trieste

pagg. 5 e. 6 dell’edizione citata

A sentir la Marty, tutto le andava male; voleva ritirarsi dopo ogni esame. Invece passò benissimo. «Ha sempre presagito il disastro, – malignava Mitis, – per ottenere in fine un successo strepitoso». 

In realtà la Marty era pessimista, come tutte le intelligenze temerarie. Nella vita faceva lo stesso: si buttava audacemente nelle difficoltà, ma non era mai sicura di poterne uscire. A quindici anni era scappata a Vienna, per correr dalla sorella che studiava all’università, sorella tanto più grande e più fortunata di lei. Leggi di più

Le ultime parole di Hedwig

pagg. 21 dell’edizione citata

Mantieni la tua libertà di coscienza e d’azione, – le diceva ancora, – è preziosa e noi ce la siamo conquistata a duro prezzo. Ma sappila usare, meglio di me che l’ho sprecata. Non fidarti del mondo. L’altro pericolo che abbiamo in noi è d’illuderci facilmente, di credere a tutto. No, non credere agli uomini se prima non t’abbiano dato una grande prova. Non fidarti del loro amore, della loro bontà apparente, essi sono buoni fin che hanno ottenuto il loro scopo; essi, i maschi, t’attornieranno perché non sei una donna comune, ti cercheranno perché hai una coscienza libera; ma appena potranno, se tu cedessi loro, essi ti torranno la tua libertà. – Io non credo in nulla, – le aveva detto l’ultima volta che poté sollevarsi sul guanciale e parlare, – credevo soltanto in me finché avevo l’energia di vivere, ora sono come un arco che non ha più corda per tendersi. 

La madre gelosa

pagg. 41/43 dell’edizione citata

Sul suo tavolino, a casa, trovò un biglietto della madre d’Antero che desiderava parlarle il giorno stesso. Le salirono le fiamme al viso: tutto si aspettava fuorché questo, che la turbò e la rimise in uno stato d’oscurità e d’incertezza. Oltre a non sapere che cosa fosse accaduto ad Antero, doveva presentarsi, all’oscuro di tutto, alla madre di lui per la quale provava un’inesplicabile soggezione. Lei che di fronte a tutte le altre donne si sentiva libera e sprezzante perché diversa, al solo pensiero di comparirle davanti era presa da un tremito. Leggi di più

La volontà di Edda Marty

pagg. 44 dell’edizione citata

Aveva rotto gli ostacoli che le impedivano d’aspirare alla libertà, s’era incamminata per la via che a questa conduce – difatti perché aveva voluto ed era riuscita ad entrare nel ginnasio? perché studiava ed avrebbe continuato a studiare all’università? Lo studio era il prezzo della sua libertà, la scienza che l’attraeva era il campo dei liberi rapporti con gli uomini; ella non voleva esser dominata, ella non voleva rispondere che a se stessa della propria vita. Ma ecco che appena iniziata la prova, s’era lasciata distrarre dalla nuova compagnia, s’era come inebbriata in mezzo a quei giovani, aveva ceduto ai sentimenti più comuni e romantici, propri delle donne che detestava. L’amore non doveva esser per lei una servitù; né ella aspirava ad esser la conquistatrice, la donna fatale, che è in fondo altrettanto debole e servile, ma solo mascherata di forza e di dominio; a lei bastava non perdere mai la padronanza di sé e poter disimpegnarsi quando volesse dalla rete d’amore. Rinunciarvi no; capiva troppo bene che la rinuncia sarebbe stata una menzogna, perché ella aveva bisogno d’amare come di riposare nell’ombra dopo aver molto camminato nel sole.