La (ri)scoperta del Purgatorio

La (ri)scoperta del Purgatorio. Tre buone ragioni per aggiornare la biblioteca su Dante. Recensione di Ferdinanda Cremascoli su Rivolti al monte. Studi sul Purgatorio dantesco, a cura di Gandolfo Cascio.

La (ri)scoperta del Purgatorio. Ma non è stato detto tutto quel che si può dire sulla Commedia? Sì, forse! Ma un classico, si sa, non finisce mai di dire ciò che deve dire, e questa raccolta di saggi dimostra che gli studiosi di Dante hanno orecchie attente e pronte a cogliere i suggerimenti che il testo discretamente offre.

Perché leggere Dante? e perché scriverne? Già nel suo primo saggio del 2021, Dolci detti. Dante, la letteratura e i poeti, anch’esso pubblicato da Marsilio, Gandolfo Cascio, che insegna “Letteratura italiana” all’Università di Utrecht in Olanda, si poneva questa domanda, e si industriava di rispondere.

Dante è per questo studioso un amore d’antica data, come testimonia anche l’Observatory on Dante Studies, organizzatore del convegno omonimo di questo saggio, Rivolti al Monte.

Il convegno, organizzato in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam, si è svolto il 26 e 27 novembre 2021. I saggi sul Purgatorio qui raccolti sono stati presentanti in quel convegno.

La (ri)scoperta del Purgatorio. Recensione al saggio Rivolti al monte

Perché dunque la (ri)scoperta del Purgatorio, perché leggere la critica? Ebbene, la (ri)scoperta del Purgatorio si fonda su tre buone ragioni, che emergono dalle osservazioni e riflessioni degli studiosi intervenuti al convegno. Eccole.

Prima buona ragione. Perché il Purgatorio è la cantica più vicina alla condizione umana.

Il purgatorio, a differenza di inferno e paradiso, non è eterno, è destinato a finire, proprio come gli umani. È una montagna aspra, scoscesa alle sue pendici, somiglia a quel luogo terrestre che sta tra Lerici e Turbia. Per superare la prima tratta bisogna arrampicarsi in una fenditura rocciosa, così stretta e ripida che bisogna aiutarsi con le mani. Più in alto fra le sette balze della montagna ci sono delle scale, ma sono molto faticose e si possono percorrere solo di giorno, perché senza la luce del sole non si può proseguire. La scalata di questa montagna richiede tre giorni interi. È il purgatorio il luogo dove Dante e la sua guida si trattengono di più.

Il purgatorio forse non è nemmeno un luogo, piuttosto una condizione dinamica, in fieri. Non solo si muovono i due pellegrini, ma anche le anime dei purganti, che passano «da un qui provvisorio e gradualmente mutabile verso il terminale, e fisso», dice Gandolfo Cascio nel saggio iniziale. Il ritmo di questo passo pietoso e leggero è nel respiro della terzina dantesca. E Il Purgatorio è una «compiuta e sovrana trovata poetica», cioè un “trobar”, un comporre poetico del tutto originale. Della condizione umana infatti coglie il movimento, la metamorfosi che si compie nello spazio ed, inevitabilmente, anche nel tempo: c’è un prima e un dopo. Per questo il giudizio sugli umani nel Purgatorio non è manicheo, perché tutti qui scontano i loro peccati, e mutano, e diventano degni di salire al cielo.

Tomasi di Lampedusa osservava che il purgatorio è un luogo di sofferenza per le pene cui le anime sono sottoposte. Ma è anche un luogo pieno di speranza – la speranza, virtù teologale, ma anche qualità tipicamente umana – proprio per la mutazione che vi avviene e che coinvolge, anche il pellegrino Dante. È nel dialogo con le anime del purgatorio – ed hanno un posto di rilievo colleghi e amici poeti – che Dante affina se stesso. Non è solo la dottrina via via spiegata dalle guide ad accrescere il suo sapere, conta forse ancor di più l’emozione del dialogo con anime amate, non importa quando vissute (“l’amore di lontano”, ricordate?). Le figure umane del Purgatorio non sono caricature grottesche, sono invece garbate e fiduciose, e parlano tanto di sé, della propria vita interiore, ognuna ha un suo Secretum.

Se a questo si aggiunge l’osservazione che lo stile del Purgatorio è di un’ «impeccabile mediocrità espressiva», cioè una medietas lontana dai toni splatter dell‘Inferno (Quentin Tarantino? un dilettante!), e lontana anche dalle ardite e astratte costruzioni geometriche del Paradiso, si capisce perché nel suo saggio Gandolfo Cascio considera il Purgatorio un “libro petrarchesco”.

È anche la cantica meno letta, meno citata. Non è “comica”, ma sottilmente ironica. È dominata dalla presenza degli angeli (come non ricordare l’imponente angelo custode della porta?), ma le anime tutte parlano con nostalgia o rammarico del loro corpo e invariabilmente si stupiscono del corpo di Dante che fa ombra. Il Purgatorio ha avuto ed ha meno successo delle altre cantiche perché «è beatamente imperfetto» non concluso. È uno spazio astratto, ed emotivo, in bilico tra nostalgia terrena e tensione verso l’eternità.

Seconda buona ragione. Perché Rivolti al monte è un’aggiornata rassegna critica su Dante.

Dopo il saggio introduttivo del curatore, la raccolta critica si articola in quattro capitoli.  Il primo “Bildung” e metamorfosi sviluppa il tema affascinante, di cui s’è già parlato, della trasformazione di sé. Il secondo Radici e fioriture esplora l’umanesimo cristiano che dialoga coi testi classici e veterotestamentari e cerca la “Verità” attraverso la bellezza. Il terzo capitolo è Transmedialità, e non c’è bisogno di sottolinearne la discussa attualità. Il quarto capitolo, Afterlives, tratta gli studi di ricezione dell’opera dantesca in ambiente russo dal Settecento a Osip Mandel’štam e Andrej Bitov, e in ambiente irlandese, particolarmente nell’opera di Samuel Becket.
Questo brevissimo excursus evidenzia che la silloge affronta con varietà di approcci teorici e metodologici, questioni le più varie: letterarie, teologiche, di ricezione estetica. Dunque un lettore di Dante vi troverà spunti di aggiornamento della propria biblioteca critica.

Terza buona ragione. Perché gli insegnanti di Letteratura Italiana trovano qui dei modelli di scrittura saggistica da proporre ai loro alunni

Sono tredici gli interventi degli studiosi raccolti in Rivolti al monte. Propongono letture specialistiche del poema dantesco, ma, con la necessaria mediazione dell’insegnante, costituiscono anche dei modelli di analisi testuale e di commento da proporre ai liceali nel loro percorso di educazione alla scrittura stessa. Ad esempio il contributo di Claudia Cieri Via, in Transmedialità, “Le immagini dell’ombra nel Purgatorio di Dante”, può essere proposto come modello di analisi del testo e di interpretazione costruita nel confronto tra il testo letterario con la cultura coeva, e con la pittura di Sandro Botticelli che coeva non è, ma non è nemmeno semplice illustrazione del testo, è piuttosto «visualizzazione di immagini poetiche di spessore concettuale».

Nel suo intervento la professoressa Cieri Via analizza le numerose occorrenze del topos dell’ombra nella Commedia, nota una loro maggiore frequenza proprio nel Purgatorio, e ne esamina i significati. Cita i versi di chiusura del XXXI canto, vv. 139-145.

O isplendor di viva luce etterna,
chi palido si fece sotto l’ombra
sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna,

che non paresse aver la mente ingombra,
tentando a render te qual tu paresti
là dove armonizzando il ciel t’adombra,

quando ne l’aere aperto ti solvesti?

E osserva che il sostantivo “ombra” rima con il verbo “adombra”. «Adumbrare – scrive – nella cultura medievale indica la significazione sul piano figurale di una verità superiore». Esce cioè dal testo e lo confronta con il suo contesto culturale, qui la concezione figurale della storia. Ma non solo.

La (ri)scoperta del Purgatorio. Recensione al saggio Rivolti al monte

I versi di Dante sono messi in relazione col disegno di Botticelli di Purgatorio, canto I. E ne ricava questa interpretazione: «Il percorso interiore del poeta è piuttosto fatto non di episodi reali, ma di stati d’animo, reazioni, coinvolgimenti emotivi di fronte alle diverse situazioni nelle quali il poeta s’imbatte e l’artista esprime in immagine».

Queste le tre buone ragioni che ci spingono ad accettare la sfida di questi saggi critici sul Purgatorio di Dante, una sfida che vale la pena affrontare, una sfida che arricchisce la nostra comprensione di questo straordinario poema.

L’audio della recensione

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