La scienza ha fatto miracoli

Sauer, il marito di Angela Merkel: “Tedeschi pigri e irrazionali, la scienza ha fatto miracoli”. Il chimico quantistico a Torino: «Italia avanti sui vaccini perché ha capito i tempi». Intervista di Letizia Tortello pubblicata il 23 novembre 2021 su LaStampa. Su ItalianaContemporanea il testo è pubblicato nella pagina “La scienza


I vaccini sono un miracolo. Sconvolto dai negazionisti». Mentre la moglie, l’ex fisica e oggi – ancora per una manciata di settimane – cancelliera della Germania, Angela Merkel, alza i toni nei confronti dei tedeschi che non vogliono vaccinarsi, il marito, Joachim Sauer, chimico quantistico considerato uno dei 30 migliori al mondo, appena sotto il rango dei Nobel, arriva a Torino per ricevere l’investitura di membro dell’Accademia delle Scienze. Ma il pensiero è fisso a Berlino, per il «dramma» della quarta ondata che sta travolgendo il Paese e per la Scienza schiacciata dalle fake news.

Lei è uno degli scienziati più riconosciuti al mondo. Come vive questo periodo storico, in cui la Scienza, ciò che abbiamo noi umani di più certo, è continuamente messa in discussione?

«È un’esperienza sconvolgente. E anche di più, davvero eclatante e disturbante».

Quale, Professore?

«Mi turba sommamente, più di tutto, che un terzo della popolazione tedesca, parlo per il mio popolo, non sia aperto ai successi della scienza. Non vogliono dare retta alla razionalità scientifica, non trovano l’ingresso nel mondo razionale. Mi sono sorpreso quando negli Stati Uniti sono spuntati i gruppi di Creazionisti, ma ciò che sto vivendo in Germania non è migliore, è paragonabile a quella irrazionalità».

Che pericolo corriamo se la scienza non è più autorevole?

«Probabilmente è sempre stato così. Solo che non è mai emerso chiaramente. D’altra parte abbiamo creato un vaccino in così poco tempo ed è veramente un miracolo, eppure questo grande successo su cui la scienza non scommetteva prima d’ora non ha aiutato a far crescere la fiducia. Questo è deplorevole. Certo, dipende sempre da come l’intera popolazione reagisce a queste scoperte. Ma anche i giornalisti e l’opinione pubblica hanno avuto un ruolo: prima si lamentavano che non c’era il vaccino, poi è comparso e hanno iniziato a lamentarsi che non c’era per tutti, e che non era sufficiente subito per tutto il Paese, o che i governi non facevano abbastanza per assicurarsi le dosi».

Perché un terzo dei tedeschi non si vaccina?

«Una piccola parte è pigra e indolente, troppo comoda. Poi ci sono quelli che non lo fanno per ideologia, per motivi irrazionali: come se una dittatura stesse provando a scardinare il nostro libero arbitrio. E ciò che più mi lascia sotto choc è che c’è una fetta di negazionisti che ha studiato: anche accademici, medici e ricercatori di materie scientifiche rifiutano i vaccini».

Noi italiani siamo quasi al 90% di immunizzati over 12 anni. I nostri governi sono stati più efficaci nel coinvolgere la popolazione?

«Forse dipende dal fatto che fin dall’inizio siete stati sovrastati da queste immagini così forti dei morti nelle vostre città, i governi sono riusciti a prendere col giusto tempo la popolazione, che chiedeva risposte e cure. La gente si è motivata. La Germania è poco più avanti degli Stati Uniti quanto a quota di vaccini, ma la situazione di partenza non era la stessa e questo è spiacevole: in America ci sono stati governatori di Stati che hanno negato il Covid. Ciò non è accaduto da noi, non abbiamo avuto i Bolsonaro, eppure siamo nella stessa situazione. Non so dare spiegazioni migliori, però. Ci faccio i conti tutti i giorni».

Anche sul clima la scienza non è riuscita per lungo tempo a convincere industrie e governi. Ha qualcosa da rimproverarle? Avreste dovuto coinvolgervi di più, da scienziati, nel dibattito pubblico?

«No, gli scienziati sono già coinvolti abbastanza. Il premio Nobel per la Fisica 2021, il climatologo Klaus Hasselmann, da trent’anni fa notare in continuazione l’emergenza. Come lui molti colleghi in tutto il mondo. Però l’influenza della scienza sulle questioni climatiche è meno visibile che sul Covid, perché i disastri ambientali sono più lenti di un reparto di terapia intensiva che si riempie d’improvviso».

Lei è diventato membro dell’Accademia delle Scienze di Torino. Conosceva già la città? Tornerà spesso per le lezioni?

«Ho tanti amici nella vostra città, sono tutti scienziati. Ho molti ricordi legati a Torino, venni qui per la prima volta nell’88 per un convegno, poi altre dieci volte. Sono cresciuto nella Germania dell’Est e per noi l’Italia era la “terra dei limoni” oltre il Muro, che immaginavamo da lontano. Il primo albero di limoni l’ho visto con i colleghi piemontesi in Sardegna. Certo, tornerò spesso. Intanto stasera ceno in uno dei vostri ristoranti, io ho fatto gli inviti, il posto lo scelgono loro che se ne intendono».


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