C. L’energia morale di un popolo

L’energia morale di un popolo

Non può essere distrutta, è così forte che costringe i dittatori a presentare se stessi come espressione della volontà popolare, e a presentare i propri fini come bene per il popolo.

Il fascismo è potente, dice il professor Čepyžin, uno dei personaggi creati da Vasilij Grossman, ma non può vincere, perché l’energia morale del popolo, per quanto manipolata, mutilata, conculcata, non può essere distrutta. L’energia morale degli esseri umani è fatta della stessa materia dell’energia solare che si irradia nello spazio e attraversa deserti di oscurità, e resuscita nelle foglie d’un salice, nella linfa vivente d’una betulla. Si nasconde nei cristalli, nel carbone e fa nascere la vita.

Parole profonde che tornano alla mente oggi che un dittatore si compiace di dire che ha un forte consenso popolare. Ora, tenere le elezioni non è di per sé prova di democrazia. Ma dimostra che l’idea di democrazia è così forte che persino un dittatore ha necessità di presentarsi come presidente eletto, anche se le elezioni sono manipolate. Ancora più forti e indimenticabili sono dunque le parole del professor Čepyžin, che non sarebbe un buon comunista se non riponesse tanta fiducia nell’energia morale del popolo.

L’energia morale

L’energia morale. La riflessione dei due scienziati, i professori Čepyžin e Štrum, prende l’avvio dalla domanda inquietante sulla civiltà tedesca.
Come è potuto accadere che una cultura così raffinata come quella tedesca, sia stata ridotta al silenzio da una banda di delinquenti? Non è che il nazismo sia sorto dal nulla: quanto c’è di nazionalismo nella cultura tedesca prima di Hitler? Ricordando il ruolo delle forze reazionarie nella storia tedesca, Štrum esprime una valutazione storicista: «Il fascismo ha un legame di parentela con il passato reazionario tedesco, ma ne è una forma particolare, la più abominevole». 

Il professor Čepyžin non lo segue su questo terreno, per lui è la natura degli esseri umani ad essere ambigua, sospesa com’è tra istinti grezzi e cultura. Gli esseri umani sono un singolare impasto, ci sono in ciascuno cose sepolte, nascoste, rozze, barbare, selvagge. Un uomo che vive in condizioni sociali normali di solito ignora lui stesso il sottosuolo e le caverne del suo animo. Ma avviene una catastrofe sociale, ed ecco che il verminaio esce dalle caverne, cresce e di diffonde negli spazi chiari e puliti! Il nazismo, dice Čepyžin,  ha portato alla superficie tutto ciò che era relegato nel sottosuolo, mentre le forze buone della ragione, si sono rintanate nel profondo. Ma, benché siano divenute invisibili, esse continuano ad esistere, non sono annientate. I nazisti hanno mutilato l’animo di tanti, ma non hanno potuto cancellare l’umanità.

L’impasto singolare di cui gli esseri umani sono fatti conserva sempre un sentimento morale, dice Čepyžin. La morale del popolo è semplice: il mio diritto sacro a esistere posa sul diritto sacro a esistere di tutti quelli che vivono sulla terra. Mentre il fascismo e Hitler hanno affermato il contrario con un’evidenza e una brutalità particolare: il mio diritto è nella schiavitù degli uomini e dei popoli, nella sottomissione del mondo intero. 

Il fascismo, dice il professor Čepyžin, è potente ma non può vincere. L’energia morale di un popolo è simile all’energia del sole, che si irradia nello spazio e attraversa deserti di oscurità e resuscita nelle foglie d’un salice, nella linfa vivente d’una betulla. Si nasconde nei cristalli, nel carbone e fa nascere la vita. I caporioni della violenza e della distruzione sentono il bisogno di giustificare le loro tremende azioni con lo scopo del bene per il loro popolo. Ma, osserva Čepyžin, come può esistere il bene di un popolo solo, al prezzo sanguinoso del male per tutti gli altri? Se la ricerca del bene si fonda su una base nazionalista, o peggio razzista, il prezzo sarà la distruzione di tutti quelli che non appartengono ad uno specifico gruppo, sia esso nazionale, razziale, sociale. 

Štrum non è d’accordo sul problema tedesco, di cui ribadisce il carattere storico: è l’imperialismo prussiano il terreno di coltura del nazismo. Polemicamente domanda poi dove sia la morale del popolo in Germania, dal momento che il popolo potendo esprimersi in libere elezioni, ha votato per Hitler. La vittoria del nazismo in Germania è una vicenda storica, mentre per il suo maestro questa sembra una vicenda eterna, l’eterna lotta tra Bene e Male. Lo strano impasto, di cui parla il suo maestro, nega nei fatti il progresso, il movimento in avanti», dice Štrum. Ma il progresso esiste: negli anni successivi alla rivoluzione, negli anni sovietici tutto è cambiato. Non si tratta del conflitto universale tra Bene e Male, ma di cambiare in positivo l’intera società umana. In Germania, quando il nazismo sarà vinto, bisognerà risanare il terreno di coltura che l’ha prodotto.

Non è senza una nota umoristica che questo dialogo prende vita. La figura di Čepyžin, come si sa, è stata introdotta da Grossman in un secondo tempo rispetto alla versione originale del primo romanzo. Nella prima versione lo scienziato protagonista era solo Štrum, che riassumeva in sé anche il carattere del suo maestro. Ma che un sapiente ebreo avesse una statura intellettuale maggiore di chiunque altro, era stato giudicato inammissibile dai censori nell’URSS degli anni Cinquanta. Ebbene in questo dialogo sulla Germania, il marxista è l’ebreo, laddove il russo si mostra sensibile a riflessioni “idealiste” e problematiche. Un grande scrittore trasforma i vincoli in occasioni di libera e creativa espressione di sé.

Guida alla lettura

Esiste infine una premessa in corsivo prima del commento al brano romanzesco grossmaniano: lì si associa in modo del tutto soggettivo la vicenda del romanzo e quella di un fatto storico appena accaduto: le “elezioni” del marzo 2024 in Russia che plebiscitariamente riconfermano Vladimir Putin alla presidenza.

Ci sono due importanti dialoghi tra Čepyžin e Štrum nella dilogia di Vasilij Semënovič Grossman. Il primo è in Per una giusta causa (I, 42), il secondo è in Vita e destino (III, 25). Riporto qui parte dell’analisi del primo dialogo tra i due scienziati che ho pubblicato nel mio saggio del Stalingrado, il polittico di Vasilij Grossman. Memorie plurali e memoria di stato. Poiché il mio saggio precede (2020) la traduzione italiana del primo dei due romanzi della dilogia (2022), i riferimenti nel testo sono all’edizione francese, che s’ intitola “Per una giusta causa”(PGC). Con questo titolo il romanzo fu pubblicato in URSS negli anni 50. “Stalingrado” è il titolo che il suo autore avrebbe voluto, ma per ragioni censorie, cambiò. È stato ripristinato dalla traduzione inglese del 2019 (Robert and Elisabeth Chandler), e ripreso dalla traduzione italiana del 2022 (Claudia Zonghetti).