Leopardi: A Silvia. Tra il 1828 e il 1830 Leopardi visse tra Pisa e Recanati, dove tornò per l’ultima volta. Sono gli anni in cui riprese dopo un lungo silenzio a comporre versi. Dopo il 1822 infatti Leopardi si persuase dell’impossibilità per i moderni di poter di nuovo raggiungere le vette della poesia classica. Abbandonò quindi la poesia e compose le Operette morali, L’opera è una raccolta di dialoghi e prose che sviluppano i temi centrali del suo pensiero filosofico. Ma tra il ’28 e il ’32 Leopardi tornò alla poesia, versi molto originali che danno sviluppo alle esperienze giovanili, e sono scolpiti nella tradizione lirica italiana!
Leopardi: A Silvia.. Pagina del manuale di Ferdinanda Cremascoli Guida alla scrittura nel triennio, La Nuova Italia, 1993
L’evoluzione del pensiero filosofico nelle Operette morali
La riflessione leopardiana si sviluppa attorno ai rapporti tra uomo e natura. In una prima fase, il cui punto d’arrivo si colloca attorno al 1825, Leopardi è convinto che l’infelicità umana dipenda dalla storia. La civilizzazione ha tolto agli uomini l’ingenuità che consentiva loro di sentirsi vivere in piena sintonia con l’universo e di produrre anche la loro ingenua, e per questo splendida, poesia.
Ma il progredire della conoscenza inaridisce negli esseri umani per sempre la facoltà dell’illusione. La natura benefica con l’illusione maschera la realtà crudele della vita umana. Gli uomini sono parte del grande ciclo dell’esistenza naturale, ma non occupano in esso un posto privilegiato. La natura regola l’universo non in favore degli esseri umani, ma in modo che l’esistenza del tutto non si esaurisca mai. Alla natura non importano le singole creature, a qualunque specie esse appartengano.
La natura ha un solo obiettivo: perpetuare la vita, non il singolo portatore di vita. Ma se questo è lo scopo della natura, esso non coincide con lo scopo di ogni singolo essere vivente, che non ha a cuore il persistere della vita universale, ma il persistere della propria. Ogni individuo è animato infatti da un istintivo amore di sè che lo spinge a conservare se stesso e a soddisfare i propri bisogni sia materiali che psichici, inducendolo insomma a desiderare intensamente la felicità.
Vi è dunque tra uomo e natura un conflitto insanabile, non ricomponibile. Gli uomini antichi o non ne ebbero coscienza o ne ebbero una consapevolezza più attenuata proprio dall’illusione. Ma per i moderni non vi è più scampo. Il conflitto con la natura emerge ormai con chiarezza alla coscienza. La felicità dell’uomo è ancorata anzitutto al suo esistere, ma proprio il suo esistere è sottomesso al perenne ciclo naturale di nascita e morte; la felicità dell’uomo è cioè ancorata all’integrità della sua salute fisica, che invece si guasta per malattia e invecchiamento, secondo un ritmo che dopo averlo prodotto tende a sostituirlo con altri individui in una perenne vicenda di creazione e distruzione destinata a perpetuare l’esistenza, non a far felice il singolo esistente.
Questo è il tema delle Operette morali che furono composte negli anni in cui Leopardi maturò insieme alle sue convinzioni esistenziali anche le sue idee sulla poesia.
E la poesia?
La poesia lirica è la forma in cui s’espresse l’amore per la vita degli uomini antichi. Essi potevano ancora illudersi che la vita fosse bene perciò la loro immaginazione intatta seppe produrre una poesia altissima, capace di autentica emozione. Ma possono i moderni comporre versi capaci di imitare la perfezione antica? Gli anni in cui Leopardi compone le Operette morali trascorrono nella persuasione che no, ai moderni non resta che la prosa filosofica.
Tuttavia nel 1828 Leopardi riprese a scrivere versi non più alla maniera degli antichi, irraggiungibile, ma in un suo modo originalissimo e moderno. Le liriche del biennio 1828/1830, famosissime! (A Silvia, Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato del villaggio, Il passero solitario, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia ) non rinunciano più al piacere dell’immaginazione.
Come negli “idilli” giovanili, prendono vita in questi canti i paesaggi naturali ed emozionati dell’infanzia e dell’adolescenza resi ancor più suggestivi perché filtrati dalla memoria. Ma il ricordo, la sensazione visiva o uditiva che lo risveglia, sono strettamente connessi alla riflessione, all’intervento ragionativo, spesso polemico e aspro, che non è un’aggiunta posticcia, è precisamente ciò che a quel ricordo a quell’emozione dà il suo senso più proprio.
La memoria del passato, la rievocazione di Recanati non è per il poeta il ritorno al luogo caro della giovinezza. Il ricordo anzi suscita memorie anche dolorose, polemiche contro un borgo selvaggio, abitato da «gente zotica, vil», contro un mondo da cui in definitiva il poeta volle sempre partire.
La commozione per Recanati, che pure s’avverte in questi canti, è piuttosto legata ad un ripensamento delle esperienze lì vissute, di cui solo ora, nel presente, il poeta comprende davvero il senso, perché il suo pensiero filosofico ormai ne dà piena spiegazione. Ed è la riflessione filosofica a delineare il tratto distintivo dei canti pisano-recanatesi, che infatti non sono più “idilli”, ma “canzoni”.
La “canzone” leopardiana prende forma
Leopardi fonde in A Silvia le due forme della sua poesia giovanile, “Idillio” e “canzone”. Trasforma radicalmente l’impianto della canzone petrarchesca, preludendo agli sviluppi dell’età matura quando ad una nuova evoluzione del suo pensiero corrispose una nuova fase della sua poesia.
Leopardi compose A Silvia a Pisa tra il 19 e il 20 aprile del 1828. È un canto in cui il poeta rievoca la propria storia come scandita da due tempi: la giovinezza ormai passata, dominata dall’illusione e dalla speranza; l’età adulta presente dominata dalla scoperta del vero. Egli associa inoltre la sua vicenda a quella degli altri, alla gente semplice di Recanati, ad una fanciulla, forse, come hanno scritto in tanti, la figlia del cocchiere di casa Leopardi, Teresa Fattorini.
Ma Recanati con la sua gente non interessa al poeta perché è Recanati, ma perché è un microcosmo che rivela però i meccanismi di funzionamento del mondo. Queste piccole persone vivono in se stesse, anche senza esserne consapevoli, la perenne vicenda umana di dolorosa, ed inevitabilmente sconfitta, opposizione alle leggi di natura. Così Silvia non è un amore giovanile del poeta, è piuttosto la giovinezza stessa, l’ingenuità ancora all’oscuro del destino di morte che l’attende.
Leopardi: A Silvia. Il testo
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi
5 e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventè salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
10 allor che all’opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
15 Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d’in sui veroni del paterno ostello
20 porgea gli orecchi al suon de la tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate gli orti,
25 e quinci il mar da lungi e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch’io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
30 Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
35 e tornami a doler di mia sventura
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor?
perche’di tanto inganni i figli tuoi?
40 Tu pria che l’erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
45 la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
ne’ teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d’amore!
Anche peria fra poco
50 la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell’età mia nova,
55 mia lacrimata speme!
Questo e’ quel mondo? questi
i diletti, l’amor, l’opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell’umane genti?
60 All’apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
La voce di Vittorio Gassman per A Silvia.
Guida alla lettura
Leopardi: A Silvia. Esercizi di comprensione
Schedate la canzone A Silvia.Ricordate che la scheda raccoglie dati sui diversi livelli del testo: il metro, il metro e il suo rapporto con la sintassi, il timbro cioè la qualità del suono e il lessico, le osservazioni vostre in totale libertà. Le domande che seguono possono aiutarvi nella schedatura.
- I motivi: abbiamo detto che la struttura dei canti pisano-recanatesi è bipartita: la rievocazione e la riflessione, memoria e filosofia. Qual è nella canzone il punto in cui si verifica la svolta tematica?
- In entrambe le parti della canzone si stabilisce una corrispondenza tra Silvia e l’io lirico: quali sono i parallelismi tematici che li associano?
- Nella seconda parte della lirica la morte precoce di Silvia è evocata da una metafora. Quale? e quale opposizione si crea tra la vita delle singole creature e la vita della natura nel suo insieme?
- Il lessico: la poetica dell’ “indefinito” ha qui un altro notevolissimo esempio. La lingua della poesia è “altro” dalla lingua quotidiana, rifugge l’appiattimento, il conformismo, l’ovvio. A Silvia ha un suo originale stile nel sottrarsi alla banalità: coppie di aggettivi su cui arditamente spiccano parole arcaiche. Quali sono i vocaboli arcaici che qui Leopardi utilizza? quali gli aggettivi che si riferiscono a Silvia? e al paesaggio? sapreste dire da cosa è determinata la loro densità semantica?
- La sintassi: nel punto di discrimine tra la parte rievocativa del canto e quella riflessiva la sintassi cambia struttura in modo sensibile: quali tipi di frase caratterizzano questo passaggio?
- Il metro: A Silvia rappresenta l’originalissimo stile della canzone leopardiana: osservate la tipologia dei versi, la misura delle strofe e la loro struttura nello schema delle rime: quali osservazioni descrittive potreste fare?
- Una rete di assonanze e consonanze è tesa lungo tutto il componimento e crea effetti molto suggestivi. Nella seconda strofa è rievocato il canto di Silvia: “sonavan” al verso 7 riprende “salivi” del verso precedente e riecheggia in “stanze” del verso 8, in “canto” del verso 9. Il “vago avvenir” del verso 12 riecheggia sino alla fine della strofa: quale vocale si fa insistente? Altissima poi è la frequenza dei suoni consonantici V – R – T – S e delle vocali I – A. Colorate in modo diverso questi suoni sul testo della prima strofa.
Altro sullo stesso tema. La Natura nel pensiero leopardiano
Cacciari e Leopardi. La Natura gioca a dadi. Un gioco “reo” per gli esseri umani. Il poeta vede la natura come ente superiore, è dio , ma un dio inafferrabile e imprevedibile, che non ha un disegno, che cioè gioca a dadi. Una visione spogliata di ogni sfumatura religiosa, una visione moderna.
Leopardi elabora l’immagine della natura nelle Operette morali, nel Dialogo della Natura e di un Isclandese. È una figura femminile, immensa se confrontata col genere umano, insignificante per lei. Il suo gioco è distruggere e creare, creare e distruggere in una incessante vicenda di nascita e morte. È una natura assolutamente anti deterministica, non necessitata. Non è la natura del razionalismo, non è la natura spinoziana.
Conoscerla è essenziale, ma la conoscenza di per sé non rende felice nessun essere umano. «Nessuna conoscenza, realismo leopardiano, nessuna conoscenza di nessun genere, neanche del genere più sommo potrà farti felice», dice Cacciari.
Questa considerazione genera nel pensiero leopardiano una nuova idea. Il poeta trae dalla crudeltà della natura lo spunto per affermare comunque il diritto ad una vita felice, che è possibile! Spes contra spem. Una disperazione che spera! Non solo: la crudele insensatezza della natura dovrebbe spingere il genere umano ad abbandonare conflitti e guerre, dovrebbe spingere gli esseri umani ad essere amici, a federarsi! Non è. questo il tema grande e generoso della Ginestra? Ma c’è anche un altro aspetto, propriamente letterario. La felicità se esiste, ed esiste, s’esprime della poesia. (vedete la quarta puntata)
La Natura gioca a dadi