Leopardi: Il pensiero dominante. Il dato forse più evidente della biografia leopardiana è, come molti hanno sottolineato, l’isolamento intellettuale ed affettivo del poeta. Fino a 27 anni non poté lasciare Recanati, ma più ancora l’irriducibile diversità del suo pensiero sono i motivi principali dell’isolamento in cui visse,. Ma se la provincialità e l’originalità scavano un solco che divide, è anche vero che quel solco Leopardi si sforzò di varcare sempre. In realtà dopo il 1830 quando definitivamente egli lasciò Recanati, anche la sua produzione letteraria cambiò. Fino a quel momento essa era stata incentrata sul tema dei rapporti tra Uomo e Natura. Da quel momento l’attenzione si volge ad interpretare la socialità umana.
Leopardi: Il pensiero dominante. Pagina del manuale di Ferdinanda Cremascoli Guida alla scrittura nel triennio, La Nuova Italia, 1993
L’elaborazione di un’etica laica e di una nuova forma nell’ultimo Leopardi.
Nei Canti si percepisce netta questa svolta già nel gruppo di liriche incentrate sul tema dell’esperienza amorosa. e in quelle successive fino all’anno della morte del poeta nel 1837. Gli interventi del poeta si fanno fortemente polemici, ma sviluppano anche proposte positive.
Acquisizione fondativa della riflessione leopardiana è, come abbiamo visto, la frattura tra ritmo dell’esistenza universale e ritmo della vita di ogni singola creatura vivente. La ragione non può disconoscere questa verità dolorosa, ma questo non è un punto d’arrivo, è solo la premessa maggiore di una riflessione nuova. Il poeta ribadisce l’immutabilità dei dati naturali dell’esistenza umana. Ma riconosce che esiste uno spazio nella vita di ogni individuo in cui felicità o sofferenza non dipendono dalla natura, ma dalle scelte che ciascuno compie. La ragione umana porta la responsabilità di rivelare agli esseri umani la loro condizione naturale. Ma la ragione è anche il principio sul quale fondare un patto sociale che aiuti gli uomini a difendersi dalla natura stessa.
Vi sono nei Canti cinque componimenti di argomento amoroso composti intorno al 1831/1832. Il loro tema è l’amore. Un inganno della natura, un temporaneo apparire della felicità, ma anche passione tale che l’individuo sperimenta il massimo delle sue potenzialità, dispiega ogni sua energia, impara ad affrontare l’idea della morte. Se dunque immodificabile è la condizione esistenziale umana soggetta ai ritmi della natura, è anche vero che a questa scoperta “dolorosa” ma “vera”si può reagire, evitando una presa di posizione “disperata”.
Leopardi: Il pensiero dominante
Dolcissimo, possente
dominator di mia profonda mente;
terribile, ma caro
dono del ciel; consorte
5 ai lúgubri miei giorni,
pensier che innanzi a me sí spesso torni;
di tua natura arcana
chi non favella? il suo poter fra noi
chi non sentí? Pur sempre
10 che in dir gli effetti suoi
le umane lingue il sentir proprio sprona,
par novo ad ascoltar ciò ch’ei ragiona.
Come solinga è fatta
la mente mia d’allora
15 che tu quivi prendesti a far dimora!
Ratto d’intorno intorno al par del lampo
gli altri pensieri miei
tutti si dileguâr. Siccome torre
in solitario campo,
20 tu stai solo, gigante, in mezzo a lei
Che divenute son, fuor di te solo,
tutte l’opre terrene,
tutta intera la vita al guardo mio!
Che intollerabil noia
25 gli ozi, i commerci usati,
e di vano piacer la vana spene,
allato a quella gioia,
gioia celeste che da te mi viene!
Come da’ nudi sassi
30 dello scabro Apennino
a un campo verde che lontan sorrida
volge gli occhi bramoso il pellegrino;
tal io dal secco ed aspro
mondano conversar vogliosamente,
35 quasi in lieto giardino, a te ritorno,
e ristora i miei sensi il tuo soggiorno.
Quasi incredibil parmi
che la vita infelice e il mondo sciocco
giá per gran tempo assai
40 senza te sopportai;
quasi intender non posso
come d’altri desiri,
fuor ch’a te somiglianti, altri sospiri.
Giammai d’allor che in pria
45 questa vita che sia per prova intesi,
timor di morte non mi strinse il petto.
Oggi mi pare un gioco
quella che il mondo inetto,
talor lodando, ognora abborre e trema,
50 necessitade estrema;
e se periglio appar, con un sorriso
le sue minacce a contemplar m’affiso.
Sempre i codardi, e l’alme
ingenerose, abbiette
55 ebbi in dispregio. Or punge ogni atto indegno
subito i sensi miei;
move l’alma ogni esempio
dell’umana viltá subito a sdegno.
Di questa etá superba,
60 che di vòte speranze si nutrica,
vaga di ciance, e di virtú nemica;
stolta, che l’util chiede,
e inutile la vita
quindi piú sempre divenir non vede;
65 maggior mi sento. A scherno
ho gli umani giudizi; e il vario volgo
a’ bei pensieri infesto,
e degno tuo disprezzator, calpesto.
A quello onde tu movi,
70 quale affetto non cede?
anzi qual altro affetto
se non quell’uno intra i mortali ha sede?
Avarizia, superbia, odio, disdegno,
studio d’onor, di regno,
75 che sono altro che voglie
al paragon di lui? Solo un affetto
vive tra noi: quest’uno,
prepotente signore,
dieder l’eterne leggi all’uman core.
80 Pregio non ha, non ha ragion la vita
se non per lui, per lui ch’all’uomo è tutto;
sola discolpa al fato,
che noi mortali in terra
pose a tanto patir senz’altro frutto;
85 solo per cui talvolta,
non alla gente stolta, al cor non vile
la vita della morte è piú gentile.
Per côr le gioie tue, dolce pensiero,
provar gli umani affanni,
90 e sostener molt’anni
questa vita mortal, fu non indegno;
ed ancor tornerei,
cosí qual son de’ nostri mali esperto,
verso un tal segno a incominciare il corso:
95 che tra le sabbie e tra il vipereo morso,
giammai finor sí stanco
per lo mortal deserto
non venni a te, che queste nostre pene
vincer non mi paresse un tanto bene.
100 Che mondo mai, che nova
immensitá, che paradiso è quello
lá dove spesso il tuo stupendo incanto
parmi innalzar! dov’io,
sott’altra luce che l’usata errando,
105 il mio terreno stato
e tutto quanto il ver pongo in obblio!
Tali son, credo, i sogni
degl’immortali. Ahi! finalmente un sogno
in molta parte onde si abbella il vero
110 sei tu, dolce pensiero;
sogno e palese error. Ma di natura,
infra i leggiadri errori,
divina sei; perché sí viva e forte,
che incontro al ver tenacemente dura,
115 e spesso al ver s’adegua,
né si dilegua, pria che in grembo a morte.
E tu per certo, o mio pensier, tu solo
vitale ai giorni miei,
cagion diletta d’infiniti affanni,
120 meco sarai per morte a un tempo spento:
ch’a vivi segni dentro l’alma io sento
che in perpetuo signor dato mi sei.
Altri gentili inganni
soleami il vero aspetto
125 piú sempre infievolir. Quanto piú torno
a riveder colei
della qual teco ragionando io vivo,
cresce quel gran diletto,
cresce quel gran delirio, ond’io respiro.
130 Angelica beltade!
Parmi ogni piú bel volto, ovunque io miro,
quasi una finta imago
il tuo volto imitar. Tu sola fonte
d’ogni altra leggiadria,
135 sola vera beltá parmi che sia.
Da che ti vidi pria,
di qual mia seria cura ultimo obbietto
non fosti tu? quanto del giorno è scorso,
ch’io di te non pensassi? ai sogni miei
140 la tua sovrana imago
quante volte mancò? Bella qual sogno,
angelica sembianza,
nella terrena stanza,
nell’alte vie dell’universo intero,
145 che chiedo io mai, che spero
altro che gli occhi tuoi veder piú vago?
altro piú dolce aver che il tuo pensiero?
La voce di Vittorio Gassman per il Pensiero dominante
Guida alla schedatura
Leopardi: Il pensiero dominante. Esercizi di comprensione
- Individuate anzitutto i motivi su cui si sviluppa la riflessione morale del poeta. Poichè il canto è assai impegnativo, ecco qualche suggerimento.
- Nelle prime sei strofe (vv.1/43) il motivo è quello della potenza d’amore sull’animo umano. L’io lirico non manca di far cenno alla natura illusoria d’amore e tuttavia al potere terapeutico che esso ha comunque. Che effetti ha l’amore sull’io lirico? In quali versi il poeta ne sottolinea la natura illusoria? E in quali versi il poeta esprime il valore consolatorio che l’amore ha per l’individuo?
- Vi sono poi quattro strofe (vv.44/87) in cui l’io lirico ribadisce la propria concezione della vita e il suo coraggio di fronte alla morte. L’amore non attenua la concezione positiva della morte dell’io lirico, caso mai la fortifica. Quali sono i motivi polemici svolti in queste due strofe? contro chi sono rivolti? Quale idea della vita è riaffermata in questi versi?
- Infine le ultime quattro strofe (vv.88/147) confermano la vitalità e l’energia che il poeta considera degne di spendere nell’esperienza piè forte di relazione con l’altro, come l’amore, un sogno umano capace però di regalare felicità. In quali versi la natura illusoria dell’amore è ribadita e perchè e aquali condizioni il poeta considera positiva quest’illusione?
Leopardi: Il pensiero dominante. Esercizi di composizione. Il commento
Scegliete una delle due possibili ipotesi di commento che vi proponiamo. Sono comunque ipotesi interpretative basate sul confronto di un testo con altri testi dello stesso autore. Avete 4 ore di tempo, in due soluzioni di due ore ciascuna. Il formato del vostro scritto è di 900/1.000 parole.
- Prima ipotesi. Commentate Il pensiero dominante di Giacomo Leopardi. La lirica può essere commentata confrontando il tema etico che in essa emerge (il pensiero amoroso non solo non smentisce il sistema filosofico elaborato dal poeta, ma si pone come forte motivazione di resistenza e di sfida alla Natura) con la svolta che nel pensiero leopardiano si manifesta dopo il 1830. Argomenti del vostro discorso allora possono essere: a) le osservazioni sui motivi testuali così come essi si articolano nel canto; b) il confronto tra questi motivi e altre opere coeve, come ad esempio il Dialogo di Tristano e di un Amico che fu composto proprio nella primavera del 1832 a pochi mesi di distanza dal canto Amore e morte e dallo stesso Pensiero dominante.
- Seconda ipotesi. Commentate Il pensiero dominante di Giacomo Leopardi. Appuntate la vostra attenzione su un piccolo gruppo di versi o una strofa a vostra scelta e cercate di dimostrare che la protesta dell’ultimo Leopardi si traduce nei modi di un’energica versificazione (martellante scansione, folgoranti raccordi ritmici e sintattici …)