Perché Putin teme l’Europa? È l’Unione Europea, non la Nato, a destare timore. È la sua esistenza che ha reso più difficile l’integrazione della Russia in Occidente dopo il 91.
Perché Putin teme l’Europa?
Dialogo col professor Andrea Graziosi, pubblicato su LaStampa del 23 giugno 2022.
Annuncio passato quasi in sordina: «non abbiamo nulla in contrario all’entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea». Abbastanza sorprendente, visto che secondo molti è stata proprio l’Unione Europea – capace di attrarre l’Ucraina fuori dall’orbita russa – a scatenare la guerra di Putin. Ma poi è arrivata la precisazione: l’ex delfino moderato Dmitri Medvedev, oggi il più focoso dei falchi, ha completato (a modo suo) il ragionamento del suo presidente: l’Ucraina non farà in tempo ad entrare, perché «fra qualche anno l’Unione Europea forse non esisterà più». L’Unione Europea che si è trovata la guerra sull’uscio di casa e soffre più degli Stati Uniti il rincaro del costo dell’energia. E con Macron azzoppato dai populismi (di destra e di sinistra, entrambi più accondiscendenti verso Mosca), la presa sul timone è meno salda: la mano ferma è considerata quella di Draghi, più ferma di quella del titubante Scholz. Leggi di più
Ma l’Unione Europea, seppur in difficoltà, resta la vera nemesi di Vladimir Putin (altro che NATO e Stati Uniti). È la sua esistenza che ha reso più difficile l’integrazione della Russia in Occidente dopo il 91 – ricorda Andrea Graziosi, professore di storia contemporanea all’Università di Napoli Federico II, autore di saggi sull’Unione Sovietica tradotti in tutto il mondo e fellow dell’Harvard Ukrainian Research Institute. Prima del crollo dell’URSS, in Europa c’erano la Spagna, la Germania, la Francia, l’Italia…e la Russia che di questi paesi era il più grande e popoloso. «In un Europa di Stati la Russia si sarebbe integrata più facilmente», dice Graziosi. Non è un caso che Sergei Karaganov, politologo, tra i più fidati consiglieri di Putin, abbia detto (in un’intervista rilasciata lo scorso dicembre al sito Formiche) che la Russia preferisce relazioni bilaterali, come con l’Italia, «con cui abbiamo buoni rapporti», invece l’Ue «non è un interlocutore affidabile».
Perché Putin teme l’Europa? L’Ue è anche un luogo in cui si viene sottoposti a procedure, regole, controlli – tutte cose che la Russia avrebbe considerato umilianti. E, oltre a ciò, l’Unione Europea è un’entità politica che si espande, senza confini definiti, visto che se si superano certi criteri si può essere ammessi. È quest’espansione liberale e democratica, secondo Graziosi, ciò che Putin temeva davvero. La possibilità che l’Ucraina scegliesse l’Unione e i suoi valori invece del mondo russo. L’altro timore, quello della Nato è meno rilevante per capire le ragioni del conflitto – continua Graziosi. In effetti c’è un dato che sembra avvalorare la tesi del professore: se i russi percepivano un pericolo – visto che le guerre si fanno coi soldati – potevano guardare al numero di truppe americane in Europa, diminuito costantemente dalla fine della guerra fredda: 340mila militari nel 1987, scesi a 65mila nel 2018 (riaumentati solo a ridosso e dopo l’invasione dell’Ucraina). «Il timore della NATO è un discorso pretestuoso, un tema ideologico per conquistare pezzi dell’Occidente». La cosa interessante, secondo Graziosi, è che gli stessi politologi russi quando scrivono per l’Occidente sottolineano il problema della Nato; ma quando fanno analisi più sofisticate il discorso si sposta su questioni non militari. «Riguardo all’Ucraina, il problema è avere l’egemonia politica, economica e culturale su quel paese – un paese che i russi temevano di perdere, culturalmente e anche dal punto di vista religioso. E hanno provato a riprenderselo tutto, altrimenti l’attacco a Kiev non si spiega».
Il grande fastidio per Mosca, seguendo questa logica, è stato di non sapere bene cosa contrapporre all’Unione Europea. Il cosiddetto Russkij Mir, il mondo russo, non era molto attraente, almeno per l’Ucraina – che infatti oggi oppone all’invasore una resistenza strenua. Ma accettare di “normalizzarsi”, di essere “uno stato tra gli stati” europei, in fondo, poteva convenire anche alla Russia. L’Unione Europea ha reagito all’aggressione dell’Ucraina con sanzioni senza precedenti, ricalibrando le proprie forniture energetiche, con l’idea di fare a meno di gas e petrolio russi nel medio e lungo periodo. La Russia, dal canto suo, risponde con la svolta verso Oriente, teorizzata da anni da politologi come Karaganov. «Questa mi sembra una scelta suicida», dice Graziosi. «Perché una cosa è il peso che la Russia ha in Europa, con i suoi 150 milioni di abitanti e una cultura che ha grandi riconoscimenti e una complementarità economica su cui tutti conveniamo». Ben altro discorso, continua Graziosi, è una Russia che si mette con l’India e con la Cina, che hanno un miliardo e passa di abitanti ciascuno, e a cui della cultura russa importa poco. «È vero che in Europa dovevano accettare (i russi) di essere uno Stato tra gli Stati. Ma il loro interesse nazionale è quello di stare con l’Unione Europea, non fare i gregari di Cina e India. La Russia, in crisi demografica, con poca industria e tecnologia, che spazio può avere con quei due giganti asiatici? Che posto hanno Dostoevskij e Tolstoj nella cultura cinese?».
E tuttavia, di Putin (e di personaggi come Karaganov) tutto si può dire tranne che non siano dei nazionalisti che hanno sempre cercato di fare al massimo l’interesse del proprio paese. «Sì, anche Mussolini voleva e desiderava una Italia grande e importante, eppure anche per questo nello stesso giorno ha dichiarato guerra a Unione sovietica e Stati Uniti, distruggendola». La verità, dice Graziosi, è che la leadership russa è stata accecata dal nazionalismo e da una sorta di “infantilismo intellettuale”. «Come bambini hanno pensato che prendevano l’Ucraina e non succedeva niente, senza tenere conto che gli ucraini non volevano, e che Europa e Stati Uniti avrebbero reagito».
Sul campo di battaglia, però, hanno in parte rimediato ai disastri iniziali, limitando gli obiettivi e concentrando le forze ad est. La campagna del Donbass avanza, seppur lentamente e a costi altissimi, nel sud i territori conquistati verranno probabilmente annessi. E anche dal punto di vista economico, ormai è chiaro che il paese ha retto le sanzioni meglio del previsto – ci sarà una recessione molto dura (con un indebolimento strutturale nella capacità produttiva), ma non quel tracollo che molti si aspettavano e speravano. La Russia spedisce più petrolio verso Cina e India. Ne vende meno, ma grazie ai prezzi alti gli incassi sono record. In questo, “il pivot to Asia” sta funzionando. “Putin non credo perderà la guerra sul campo – gli ucraini non sono certo Unione sovietica e Stati Uniti combinati (tornando al paragone con Mussolini) – anche se persino nel Donbas avanza con molte, molte più difficoltà di quanto avesse sperato. Ma la tragedia culturale, economica, sociale a cui condanna il suo paese è tutta scritta. Per difendere la lingua russa ha distrutto intere città russofone. Una catastrofe. I russi se ne accorgeranno e lui rischia la dannazione della memoria”.
IN ESERCIZIO
Perché Putin teme l’Europa? A voi la stesura del riassunto del testo in cui non possono mancare questi tre passaggi.
– È l’espansione liberale e democratica dell’Europa, secondo Graziosi, ciò che Putin teme davvero: perché
– cosa contrapporre all’Unione Europea: il cosiddetto Russkij Mir, il mondo russo?
– la svolta verso Oriente (un suicidio: perché?