Schwa? No grazie. È polemica sulla petizione online che combatte l’inclusività del linguaggio e firmata dagli accademici. Tra i firmatari anche l’italianista Serianni, la poetessa Bruck, lo storico Barbero, il filosofo Cacciari e l’attore Celestini.
Cronaca di Chiara Baldi, pubblicata su LaStampa del 8 febbraio 2022. In ItalianaContemporanea è rubricata nella pagina “Il genere linguistico“. il testo consta di 464 parole, e richiede 2′ di lettura.
Schwa? No grazie. Da giorni gira sui social network, ricevendo più di una critica, la petizione online contro l’utilizzo dello schwa (ə) lanciata da Massimo Arcangeli, linguista e scrittore, ordinario di Linguistica italiana dell’Università di Cagliari. «Siamo di fronte a una pericolosa deriva, spacciata per anelito d’inclusività da incompetenti in materia linguistica, che vorrebbe riformare l’italiano a suon di schwa», scrive il promotore della petizione che in poche ore ha già raggiunto oltre 7.600 firme. A sottoscrivere l’appello una folta serie di accademici, giornalisti e personalità del mondo dello spettacolo e della cultura: lo storico Alessandro Barbero, che già nelle scorse settimane era incappato in uno scivolone sul ruolo delle donne; la poetessa e scrittrice Edith Bruck; il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini; l’italianista Luca Serianni; il filosofo Massimo Cacciari; il direttore di “MicroMega” Paolo Flores d’Arcais e i giornasliti Ettore Boffano e Michele Mirabella, solo per citarne alcuni.
La critica nasce dal un documento del ministero dell’Università per la «procedura di conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale di professorə universitario di prima e seconda fascia».
Nell’appello si legge: «I promotori dell’ennesima follia, bandita sotto le insegne del politicamente corretto, pur consapevoli che l’uso della “e” rovesciata” non si potrebbe mai applicare alla lingua italiana in modo sistematico, predicano regole inaccettabili, col rischio di arrecare seri danni anche a carico di chi soffre di dislessia e di altre patologie neuroatipiche».
Schwa? No grazie. L’accusa ai «fautori dello schwa» è di «proposta di una minoranza che pretende di imporre la sua legge a un’intera comunità di parlanti e di scriventi, esortano a sostituire i pronomi personali “lui” e “lei” con “ləi”, e sostengono che le forme inclusive di “direttore” o “pittore, “autore” o “lettore” debbano essere “direttorə” e “pittorə”, autorə” e “lettorə”, sancendo di fatto la morte di “direttrice” e “pittrice”, “autrice” e “lettrice”. Ci sono voluti secoli per arrivare a molti di questi femminili. Nel latino classico “pictrix”, come femminile di “pictor”, non esisteva. Una donna che facesse la pittrice, nell’antica Roma, doveva accontentarsi di perifrasi come “pingendi artifex” (‘artista in campo pittorico’)».
Il punto cogente, per i firmatari dell’appello, è che «lo schwa e altri simboli (slash, asterischi, chioccioline, ecc.), oppure specifici suoni (come la “u” in “Caru tuttu”, per “Cari tutti, care tutte”), non sono motivati da reali richieste di cambiamento. Sono invece il frutto di un perbenismo, superficiale e modaiolo, intenzionato ad azzerare secoli e secoli di evoluzione linguistica e culturale con la scusa dell’inclusività». Un attacco diretto, quindi, aggravato dal fatto che il segno grafico, già utilizzato in diversi dialetti italiani, porterebbe a una trasformazione della Penisola in una «terra di mezzo» : «Lo schwa, stante la limitazione posta al suo utilizzo (la posizione finale), trasformerebbe l’intera penisola, se lo adottassimo, in una terra di mezzo compresa pressappoco fra l’Abruzzo, il Lazio meridionale e il calabrese dell’area di Cosenza».
Guida alla lettura
Con l’indice Gulpease questo testo di Chiara Baldi ottiene un punteggio di 40. È considerato dunque di difficile lettura. Provate a migliorare la leggibilità del testo, scrivendo frasi più brevi, usando parole più comuni,…