Tanto gentile e la parafrasi di Gianfranco Contini. Il capitolo XXVI è il capitolo di Tanto gentile e tanto onesta, il sonetto celeberrimo che presenta tutti i motivi più forti del codice dell’amore cortese nell’interpretazione di Dante.
Ecco allora il “passaggio per via” della donna amata ed il suo mostrarsi che è un dato realistico ed anche un far apparire cosa sia davvero il miracolo. Il secondo sonetto sviluppa il motivo del vedere la donna amata come visione di salvezza eterna.
Tanto gentile e la parafrasi di Gianfranco Contini. Parafrasi di Gianfranco Contini. Lo schema delle rime nel sonetto è ABBA nelle quartine, CDE EDC nelle terzine.
Vita nova, cap.XXVI
Questa gentilissima donna, di cui ragionato è ne le precedenti parole, venne in tanta grazia de le genti (fu così apprezzata da tutti), che quando passava per via, le persone correano per vedere lei onde mirabile letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d’alcuno, tanta onestade giungea nel cuore di quello, che non ardia di levare li occhi, né di rispondere a lo suo saluto; e di questo molti, sì come esperti, mi potrebbero testimoniare a chi non lo credesse. Ella coronata e vestita d’umilitade s’andava, nulla gloria mostrando di ciò ch’ella vedea e udia. Diceano molti, poi che passata era: «Questa non è femmina, anzi è uno de li bellissimi angeli del cielo». E altri diceano: « Questa è una maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilemente sae adoperare (sa operare)! » Io dico ch’ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri, che quelli che la miravano comprendeano in loro (avvertivano in sé) una dolcezza onesta e soave, tanto che ridicere non lo sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente: onde io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole, ne le quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti operazioni (azioni); acciò che non pur coloro che la poteano sensibilemente vedere, ma li altri sappiano di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto, lo quale comincia: “Tanto gentile”.
Tanto gentile, tanto onesta pare
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ‘ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
uno spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira
Questo sonetto è sì piano (facile) ad intendere, per quello che narrato è dinanzi, che non abbisogna d’alcuna divisione; e però lassando lui, dico che questa mia donna venne in tanta grazia, che non solamente ella era onorata e laudata, ma per lei erano onorate e laudate molte (grazie a lei su molte donne si riverberò la stessa lode). (…)
Tanto gentile e la parafrasi di Gianfranco Contini
Dante dice che il suo sonetto è così piano, così chiaro che non merita nemmeno un suo commento approfondito. Ma Dante scrive alla fine del XIII secolo. E se il significato delle parole di Dante non fosse lo steso per noi?
A proposito di “Tanto gentile” affidiamoci a Gianfranco Contini, un grande studioso di letteratura italiana. Nel suo Esercizio di interpretazione sopra un sonetto di Dante, Contini dice che la chiarezza di senso di questo sonetto è solo apparente: tre vocaboli del primo verso, “gentile”, “onesta” e “pare” hanno per Dante un significato del tutto diverso per noi.
Gentile
“Gentile”, lo abbiamo già notato, è termine tecnico del vocabolario cortese, significa “nobile”, per origine sociale o per qualità morali, mentre per noi “gentile” rimanda all’idea di garbo, affabilità, delicatezza. “
Onesta
“Onesta” è per noi aggettivo che rimanda ad un’idea di lealtà, rettitudine, sincerità, se poi si riferisce ad una donna, significa che è “fedele”; per Dante “onesta” è un latinismo che rimanda al decoro esteriore della persona, alla sua dignitosa compostezza, al suo atteggiamento modesto; la donna mia, dice Dante al verso 6 è «benignamente d’umiltà vestuta».
Pare
Il verbo “pare” non significa per Dante “sembra” e neppure soltanto “appare”, ma, spiega Contini, significa “si manifesta in tutta evidenza”. È una parola chiave nel testo compare al verso 1 dove è parola rima, e ai versi 7 e 11 dove è in prima posizione. Compare anche ai versi 8 e 9 con il suo sinonimo, cioè “mostrare”, in posizione rima al verso 8 e in posizione iniziale al verso 9.
Labbia, donna, cosa, spirito
Quanto a “labbia”, osserva Contini, non significa “volto”, quanto piuttosto “fisionomia”; “donna” ha esclusivamente il suo significato originario di “signora”, “padrona”; anche il termine “cosa”(« e par che sia una cosa») del verso 7 non ha il significato generico che ha per noi, rimanda invece ad un essere indeterminato che è all’origine del “miracolo”, cioè l’evidenza di sé. Infine “spirito” è un termine filosofico che rimanda all’emozione, allo spirito vitale.
Tanto gentile e la parafrasi di Gianfranco Contini dimostrano che non è poi così semplice. La parafrasi (la traduzione in italiano moderno) di Gianfranco Contini è dunque questa: «Tale è l’evidenza della nobiltà e del decoro di colei che è mia signora, nel suo salutare, che ogni lingua trema tanto da ammutolire, e gli occhi non osano guardarla. Essa procede, mentre sente le parole di lode, esternamente atteggiata alla sua interna benevolenza, e si fa evidente la sua natura di essere venuto di cielo in terra per rappresentare in concreto la potenza divina. Questa rappresentazione è, per chi la contempla, così carica di bellezza che per il canale degli occhi entra in cuore una dolcezza conoscibile solo per diretta esperienza. E dalla sua fisionomia muove, oggettivata e fatta visibile una soave ispirazione amorosa che non fai se non suggerire all’anima di sospirare».
Il testo di Dante dunque rivela non tanto emozioni del sentimento, ma un’emozione conoscitiva. E, come dice Dante stesso nel Convivio, di cui si parla in un prossimo capitolo, se si vuol penetrare dentro un testo è essenziale, prima, comprenderne con esattezza la lettera. «Il problema espressivo di Dante – conclude Contini – non è affatto quello di rappresentare uno spettacolo, bensì di enunciare, quasi teoreticamente, un’incarnazione di cose celesti e di descriverne l’effetto necessario sullo spettatore».