I testimoni: proposte per uno sviluppo

Testimoni Proposte per uno sviluppo. Quello che state per leggere è uno dei tre brani tratti dalla tesi di laurea di Matilde Zanni. Nel terzo capitolo della tesi, l’autrice intervista molti testimoni qualificati e pone a tutti la stessa domanda: come valutano la crisi e come ritengono se ne possa uscire alla luce delle esperienze fatte?

Testimoni Proposte per uno sviluppo. Prospettive di sviluppo locale: la transizione del modello economico del Verbano Cusio Ossola è la tesi di laurea di Matilde Zanni, discussa nel 2018/19 all’Università di Torino. La tesi integrale è leggibile pubblicamente sul sito di Complexitec.

Testimoni Proposte per uno sviluppo. Le proposte strategiche specifiche che emergono dalle interviste e che si possono inserire all’interno di questo quadro generale sono diverse, e molte richiamano le conclusioni già tratte alcuni anni fa dagli studi della Bocconi e dell’Università di Piacenza.

Per quanto riguarda il settore industriale, il primo obiettivo strategico dovrebbe appunto riguardare il mantenimento e il sostegno alle realtà industriali che ancora permangono (Hydrochem, Plastipak, Lagostina, Vinavil, ecc.) rendendo, da un lato, più compatibili questi stabilimenti con il territorio – curando dunque il tema della sostenibilità ambientale e sociale, come in passato non si era fatto – e, dall’altro, più compatibile il territorio con questi stabilimenti – attraverso l’investimento nel sistema formativo scolastico, che in questo momento è a detta di tutti gli intervistati piuttosto distaccato dal mondo professionale e imprenditoriale.

Questo passaggio è particolarmente rilevante soprattutto se si considera che molti testimoni sostengono la necessità di uno sviluppo dell’industria 4.0: oggi le competenze necessarie, che dovrebbero fornire le scuole locali per rimanere al passo con le industrie, sono quelle dell’informatica e dell’automazione. L’investimento in ambito industriale potrebbe poi essere più sensato in alcuni settori piuttosto che in altri. Il settore chimico, per esempio, presenta, come dimostrato, ancora notevoli margini di sviluppo e ha delle buonissime performance anche a livello nazionale; essendo complicato instaurarlo ex novo in un territorio vergine, promuoverlo in un’area in cui è già presente comporta notevoli vantaggi competitivi. Ovviamente, bisogna promuovere uno sviluppo sostenibile a livello ambientale di questo settore, senza ricadere negli errori del passato; da questo punto di vista, però, il territorio presenta già degli esempi di industria verde che hanno investito in questo senso, proprio in reazione a quegli errori. In seguito alle normative europee che puntano all’eliminazione della plastica monouso, per esempio, Plastipak sta investendo su soluzioni innovative. Inoltre, molti testimoni sottolineano la possibilità di investire in un’“industria ambientale” legata al ciclo di gestione dei rifiuti, del riciclo e del riuso, che come detto era stato un settore d’avanguardia per la zona già dagli anni ‘80. Si parla in questo senso di industria del riciclo della plastica o di altri materiali; chiaramente, in un’epoca in cui l’attenzione ambientale è sempre più alta settori come questi avranno sempre più spazio, e il territorio potrebbe anche trarre vantaggio dalla presenza in loco di un laboratorio di ricerca del CNR.

Per quanto riguarda il settore turistico, le chiavi di sviluppo proposte sono diverse. Innanzitutto, è necessario un investimento in viabilità e collegamenti interni alla provincia, per connettere e unire le diverse aree e soprattutto il turismo montano con quello lacustre: al momento, infatti, i collegamenti sono pochissimi e mal forniti dai trasporti pubblici, probabilmente proprio come risultato dell’assenza di un sistema turistico organico. Per sviluppare il turismo montano, poi, molti testimoni sottolineano la necessità di lavorare sulla mentalità turistica locale, soprattutto nelle valli, dove la maggior parte dei lavoratori era impiegata nelle centrali idroelettriche con un lavoro sicuro, ben pagato, vicino a casa, che non creava nessun incentivo per lo sviluppo dell’imprenditoria locale. Questo cambio di mentalità è secondo molti auspicabile, soprattutto come una delle soluzioni per la destagionalizzazione del turismo, investendo dunque sul turismo sportivo e di wellness invernale. Inoltre, per allungare la stagione turistica si potrebbe tentare un ampliamento del turismo congressuale e degli eventi promozionali fuori stagione: alcune iniziative legate al settore floricolo, come la festa delle camelie a Verbania o quella degli agrumi di Cannero Riviera, hanno costituito degli interessanti e riusciti esperimenti in tal senso.

Le proposte strategiche non si limitano tuttavia a turismo e industria: l’idea generale, come detto, è quella di un sistema diversificato e integrato tra diversi settori. Un altro tema spesso emerso è stato infatti quello della potenzialità di attrazione insediativa del territorio: il VCO ha la possibilità di offrire una qualità della vita molto alta, pur essendo a pochissima distanza da città come Milano, focus principale dell’economia nazionale. L’obiettivo strategico dovrebbe dunque essere quello di investire in servizi alla persona, in particolare per quanto riguarda il sistema d’istruzione e quello sanitario, la previdenza sociale, la connessione infrastrutturale – sia tecnologica che stradale – che permetta a molte persone di stabilirsi in questa zona pur rimanendo connessi alle opportunità lavorative, culturali e professionalizzanti dei grandi centri urbani, garantendosi allo stesso tempo un elevato tenore di vita grazie alla salubrità della zona e alla bellezza paesaggistica. Il rischio connesso a questa potenzialità è tuttavia quello di attrarre persone esclusivamente per viverci e non per lavorarci; la necessità è quella di spingere sempre più verso un’apertura di questo territorio, per evitare che venga vissuto come un’enclave in cui si vive bene ma dove non si lavora e non si fa impresa.

Ritengo poi che sia importante riportare alcune esperienze imprenditoriali già avviate che, pur non essendo sufficienti da sole a porsi come modello esemplificativo del livello di imprenditorialità della zona, rimangono segnali importanti di un terreno economico fertile e virtuoso, che se ben sostenuto da parte del sistema politico, amministrativo e sociale potrà dare i propri frutti nel corso dei prossimi anni, contribuendo alla creazione di questo nuovo modello di sviluppo diversificato. Una prima interessante testimonianza è quella dell’amministratore delegato della Hydrochem S.r.L., che alla domanda riguardo le prospettive strategiche di investimento per il futuro del territorio risponde così: “Parto da un aneddoto. Una mattina stavo andando a Milano e ascoltavo radio24, in un programma parlavano della lunghezza del porto di Shangai. Ero a Gallarate, mi son messo a far due conti. I kilometri della lunghezza facevano sì che se il porto di Shangai fosse iniziato a Gallarate, sarebbe finito a Parma. Questo dà l’idea di quanto è grande il mondo e di che cosa c’è in giro. È chiaro che con una situazione di questo tipo, se ci mettiamo in competizione con il porto di Shangai, non abbiamo speranza di farcela. Quindi, la soluzione deve essere la nicchia, deve essere la praticaccia giorno per giorno per capire dove investire, ma senza regole economiche, con fantasia, calcolo delle soluzioni, non c’è una ricetta vera e propria: ci sono degli imprenditori con delle idee che investono e un territorio che ci metta l’energia, la scuola, la logistica. E la consapevolezza che l’industria, il turismo, i servizi e il frontalierato qui devono convivere, per raggiungere l’equilibrio”. (Intervista n° 6, Amministratore delegato Hydrochem S.r.L.)

Non esiste insomma una “ricetta magica” per lo sviluppo, una serie di investimenti che matematicamente potranno funzionare, una serie di settori produttivi che con assoluta certezza statistica saranno in grado di attecchire in questo territorio; si ritorna al discorso, essenziale, della mentalità imprenditoriale e della propensione al rischio e all’investimento.

Questa mentalità imprenditoriale è emersa anche dalle interviste ad alcuni testimoni; in particolare, la prospettiva più interessante riguarda il settore della floricoltura, la cui presenza veniva sottolineata anche nella ricerca dell’Università di Piacenza. Il settore ha radici storiche molto profonde nel territorio, e la produzione si è negli anni specializzata, tramite il “Consorzio Fiori Tipici del Lago Maggiore”, su pochissimi articoli di nicchia ad alta competitività, in particolare le azalee e le camelie (che sono diventate poi fiore olimpico per Torino 2006). In seguito alla crisi del 2009, tuttavia, delle 100 aziende floricole che facevano parte del consorzio ne sono rimaste attive solamente 40, e probabilmente il numero continuerà a decrescere: a detta di tutti, il settore è in declino e non ne rimarrà che una nicchia. Ciò nonostante, è proprio una di queste aziende che ha investito moltissimi capitali negli ultimi anni per avviare un nuovo progetto imprenditoriale, che si sposta maggiormente dalla floricoltura verso il settore agroalimentare: la coltivazione delle piante da tè (camellia sinensis) in un’area naturale protetta sulle pendici del Toce, sul modello meccanizzato delle aziende familiari giapponesi (modello che permette di giocare sul vantaggio competitivo della qualità produttiva, anche in zone con un alto costo del lavoro, superando così le citate dinamiche negative della globalizzazione). Al momento, l’azienda è in fase sperimentale di piantagione (20.000 piante sono già coltivate); tra qualche anno seguirà la fase di meccanizzazione, di raccolta e di vendita. L’investimento richiede comunque una decina di anni di avvio, per i tempi naturali di crescita delle piante, e al momento si è al quarto anno: il rischio imprenditoriale è ovviamente altissimo, ma se tutto andasse bene la produzione dovrebbe arrivare intorno a qualche tonnellata all’anno. Comunque, questa idea innovativa, per quanto apparentemente eccentrica, presenta diversi fattori d’interesse per il territorio: innanzitutto, pur non essendo un settore tradizionale, si basa su una coltivazione secolare locale, quella delle camelie, per la quale il nostro territorio presenta ampi vantaggi competitivi, sia culturalmente che a livello ambientale; inoltre, legare un prodotto di nicchia e di qualità come quello del tè a un territorio come questo, con la sua immagine e la sua fama anche all’estero, con un bacino turistico che garantisce un certo tipo di clientela, è sicuramente un vantaggio per le aziende locali. Se poi si immagina una collaborazione tra i vari ambiti – tornando al tema del modello di sviluppo integrato – le sinergie con il settore turistico sono veramente ampie: già adesso, l’azienda organizza tour organizzati di turisti, creando un’accoglienza strutturata che miri alla promozione e anche al profitto diretto (i visitatori infatti pagano per questo tipo di esperienza).

Per concludere, penso sia necessario citare anche tutta una serie di piccole ma importanti iniziative imprenditoriali che si sono risvegliate in seguito alla crisi del 2009, e che trovano la loro chiave di sviluppo proprio nel radicamento profondo e simbiotico con il territorio. La crisi ha infatti restituito dignità sociale ed economica a lavori che durante il boom industriale erano stati abbandonati, determinando così anche l’abbandono di alcune zone del territorio, in particolare quelle montane. La crisi ha messo in discussione le certezze e le mentalità, dando però nuovo respiro a diverse iniziative imprenditoriali: le montagne della zona, in particolare, sono oggi interessate da numerosissime esperienze promosse da giovani con attività economiche di nicchia e molto disparate, che vanno dall’allevamento, alla coltivazione di zafferano, alla produzione di energia elettrica sostenibile, all’apicoltura, all’apertura di una libreria in alta quota, riprendendo un legame che si era perso nel tempo e che fa riscoprire una ricchezza profonda del territorio, in parte dimenticata. Questa la testimonianza di Marco, un ragazzo che da ormai 6 anni ha investito in un progetto imprenditoriale che vede l’apertura di una libreria in alta quota, attiva nei mesi estivi, di una libreria nel centro storico di Pallanza, oltre che di uno Studio Bibliografico su libri d’antiquariato: “Alla fine, torna sempre il discorso del paesaggio, dell’ambiente: la vera molla è stata il territorio, e il libro uno strumento per accendere una scintilla, per mettere i riflettori sulla montagna. I libri sono diventati così strumento per conoscere noi stessi, per far emergere il territorio e farlo arrivare ad altre persone. Ci siamo legati alla peculiarità delle nostre terre alte e alla fiducia in una rete di cittadinanza presente, che avevo conosciuto tramite il mio percorso di associazionismo giovanile, primo laboratorio da cui è poi nata la voglia imprenditoriale di investire ripartendo da questo territorio, e non andandosene come tanti fanno”. (Intervista n° 8, titolare Libreria Spalavera)

Gli ultimi esempi riportati sono a mio avviso molto interessanti, perché esplicativi in modo preciso di che cosa si possa intendere quando si parla di sistema economico diversificato ma allo stesso tempo integrato. La prospettiva di sviluppo non dovrebbe essere infatti quella di un territorio diviso in comparti stagni, con diverse vocazioni produttive e imprenditoriali che non si toccano tra loro; la potenzialità dovrebbe invece venire trovata nella compenetrazione tra settori e nel sostegno reciproco, nella sinergia appunto. La visione diffusa, ciò nonostante, è che per mettere in atto queste possibili linee di sviluppo e per costruire questo futuro, il territorio debba prima risolvere un problema di fondo, che permane alla base di tutte queste proposte.

Come costruire un sistema territoriale forte? La maggior parte delle iniziative di sviluppo proposte, infatti, sono nate dalla genialità del singolo e non dal progetto di un territorio nella sua complessità: tutti gli intervistati tornano, matematicamente, al problema dell’assenza di una rete cooperativa salda e che sappia produrre nuove opportunità di sviluppo; al problema dei campanili, dei localismi, dell’“ognuno che fa per sé”, senza essere capaci di fare sistema. Prima di attuare tutte queste possibili linee di sviluppo, la richiesta dei testimoni è che il territorio investa sulla cooperazione e sulla capacità di trovare un’identità comune, che renda possibile un dialogo veramente produttivo ed efficace, a quel punto, su quali siano le vere sfide da affrontare per il futuro di questo bellissimo, e disunito, territorio.

Guida alla lettura e alla scrittura

Testimoni Proposte per uno sviluppo. Comprensione del testo

  1. Leggibilità. Noterete che è un testo molto lungo non spezzato mai da alcun sottotitolo. Aggiungete sottotitoli e sotto-sottotitoli in modo da creare una scaletta gerarchica che renda perfettamente il contenuto di ciascun ountoe sottopunto. La creazione dei sottotitoli gioverà alla leggibilità del testo, rendendolo più chiaro anche ai lettori meno attrezzati.
  2. Per migliorare la leggibilità dovreste riscrivere i paragrafi che superano le 300 parole e dovreste anche abbreviare le frasi che contengono più di 30 parole. La leggibilità del testo migliorerà sensibilmente.
  3. Se volete, potete controllare i vostri progressi calcolando il punteggio Gulpease che il vostro testo via via acquisisce. Il punteggio del testo Gulpease di partenza è 40/100. Per essere accettabile deve essere almeno 60/100. Il calcolo può essere eseguito online.

Testimoni Proposte per uno sviluppo. La quarta di copertina

Immaginate di lavorare in una casa editrice specializzata nella pubblicazione delle tesi di laurea, un po’ come TesiOnLine, ad esempio. La vostra casa editrice però non si limita a pubblicare il testo, lo presentate anche brevemente in modo da rendere più facile la scelta del lettore e da attrarne l’attenzione, dal momento che la consultazione della tesi implica un costo per il lettore. In altre parole voi siete incaricato di scrivere quella che sarebbe una quarta di copertina, se invece di una pubblicazione digitale, la tesi fosse pubblicata a stampa.

Dunque scrivete la quarta di copertina della tesi di Matilde Zanni. Basatevi sui tre brani che avete letto in questo filo di gennaio,

Considerate anche il brano, intitolato il VCO pubblicato nel filo di novembre/dicembre.
Infine consultate l’indice della tesi che trovate su Complexitec.org.
Come possibili modelli vedete le quarte pubblicate su ItalianaContemporanea tra cui quella del saggio dell’Università di Piacenza dedicata al VCO e pubblicata da Franco Angeli. A voi la scelta dello stile del testo, che è legata al pubblico cui si intende parlare.