Traffico di droga e terrorismo

Quel traffico di droga dimenticato che finanzia il terrorismo nel mondo. Il Califfato tra Siria e Iraq è al centro dei commerci di stupefacenti verso l’Europa. Da Boko Haram in Nigeria ai taleban in Afghanistan i gruppi islamisti si arricchiscono. Antonio Maria Costa, economista e docente universitario è stato direttore dell’ufficio Onu contro il narcotraffico dal 2002 al 2010 su La Stampa del 10/2/2016.


Le camicie nere jihadiste mirano a creare una teocrazia (califfato) dall’Africa occidentale all’Asia orientale, grazie a una potenza di fuoco e una strategia operativa capaci di sopravvivere alla reazione militare delle grandi potenze. Quali le fonti di finanziamento sulle quali contano? Recenti notizie mostrano una strategia economica che sfrutta la centralità del califfato fra i traffici globali di droga.  

Il primo allarme proviene dal Centro per l’Analisi delle Operazioni marittime, di Lisbona. 

In breve, il terrorismo approfitta del fatto che «il traffico marittimo in Europa non è controllato». Nel solo Mediterraneo migliaia di navi transitano mensilmente, molte provenienti da, o dirette verso aree controllate da gruppi affiliati all’Isis. Mentre l’attenzione è concentrata sui barconi stipati di migranti, non c’è sorveglianza sui mercantili che trasportano merci legali, certo – ma anche tanta droga e molto materiale bellico. Solo a gennaio 540 navi sono entrate nei porti europei, dopo avere sostato in Siria, Libia e Libano per ragioni sospette. Un tipico caso preoccupante: settimane addietro una nave di 76 metri, partita da Golchuk (Turchia), ha sostato a Misurata (Libia), per poi spegnere il transponder per diverse ore prima di approdare a Pozzallo, in Sicilia.  

LE ROTTE TERRESTRI  

Il secondo allarme proviene dal Pentagono, dove l’Africa Command ora riconosce che il Sahara rappresenta un altro buco nero nei meccanismi di controllo dei traffici aerei e terrestri. Infatti, data la carenza di controllo, nell’Africa occidentale sono emersi due snodi di commerci illeciti, nei golfi di Guinea e del Benin, dove la droga transatlantica approda prima di attraversare il Sahara grazie al coinvolgimento dei jihadisti di Aqim in Mali e Mauritania, Boko Haram in Nigeria, e Ansar-al-Sharia in Libia. Animano il traffico i cocainomani europei (5 milioni), che ne sniffano 150 tonnellate per un valore di 40 miliardi di dollari. 

UN FIUME DI EROINA  

La terza notizia proviene dalle Nazioni Unite: nel 2015 la produzione di oppio in Afghanistan, pur se in declino, si è mantenuta sulle 3 mila tonnellate che, trasformate in eroina, è consumata da 3 milioni di tossicodipendenti dall’Atlantico agli Urali, per un valore complessivo di oltre 35 miliardi di dollari l’anno. A beneficiarne in Afghanistan sono i Talebani, Al Qaeda e Haqqani e poi, nei Paesi di transito, l’Isis in Siria/Iraq, Hezbollah in Libano e Al-Shabaab in Somalia. Secondo i servizi anti-narcotici russi, l’eroina che transita attraverso i territori controllati dal califfato, genera «un miliardo di dollari l’anno».  

LE ANFETAMINE  

L’ultima notizia concerne le droghe sintetiche, soprattutto le anfetamine che, un tempo prodotte in Olanda e poi in Bulgaria, sono trafficate attraverso Turchia, Siria e Iraq, per finire soprattutto in Arabia Saudita, un paese che da solo confisca una maggiore quantità di captagone (il narcotico preferito localmente) del resto del mondo: 10 tonnellate l’anno. Se si considera che il volume di droga sequestrato in loco rappresenta circa il 10% del mercato nazionale, si conclude che un centinaio di tonnellate di anfetamine sono consumate annualmente in Arabia Saudita. I servizi segreti saudi confermano il coinvolgimento dell’Isis, mentre altri gruppi estremisti curano la coltivazione del cannabis nella valle della Bekaa, tra Siria e Libano, per l’esportazione nel Golfo – e in Europa. 

In conclusione, quattro notizie convergenti su come l’Europa è circondata da flussi di droga dei quali beneficiano le mafie internazionali – e le camicie nere dell’Isis che, quando non gestiscono i traffici direttamente, tassano il transito nelle zone da esse controllate. La globalizzazione del terrorismo ha beneficiato dell’aiuto finanziario proveniente dai Paesi (sunniti) simpatetici alla causa del fondamentalismo, dal commercio del petrolio (in calo), e dal traffico di referti archeologici (in crescita, ora che è iniziato lo spoglio dei siti romani di Leptis Magna e Sabratha). Inspiegabilmente trascurata è stata la fonte tipica di fondi per il terrorismo internazionale: la droga, venduta in contanti (poi riciclati, da banche conniventi), oppure direttamente barattata (per armi e mezzi). Una circostanza sorprendente, dato che tutti i gruppi terroristici al mondo si sempre sono finanziati commerciando stupefacenti, a partire dai grandi movimenti in Spagna (Eta), Irlanda (Ira), Sri Lanka (Le Tigri Tamil), e ovviamente in Colombia (Farc) e Perù (Sentiero Luminoso). L’estremismo islamico ne segue il modello, che l’Europa rifiuta di riconoscere. 

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