Trobar clus: le rime petrose

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Trobar clus: le rime petrose. Come s’è detto nelle Rime composte nel periodo giovanile, Dante ebbe tra i suoi modelli letterari la lirica provenzale non solo nel suo stile “dolce” (in provenzale trobar leu, cioè “poetar dolce”), ma anche nello stile “aspro” (trobar clus, “poetar aspro”).

Tra le Rime  in effetti vi sono diversi testi che segnalano quest’interesse poetico di Dante: alcuni sono anteriori all’esperienza stilnovista e si rifanno sia a Guittone d’Arezzo sia al provenzale Raimbaut d’Aurenga; altri, successivi alla Vita nova, costituiscono un gruppo di quattro componimenti (due canzoni, una sestina e una sestina doppia) d’argomento amoroso alla maniera del trobar clus  di Arnaut Daniel, il grande poeta provenzale vissuto cent’anni prima, tra il 1150 e il 1200, che Dante loda nel XXVI canto del Purgatorio, come «miglior fabbro del parlar materno», cioè miglior poeta della lingua volgare. 

Parafrasi della sestina e descrizione del metro di F.Cremascoli.

La datazione delle rime petrose

Il primo di questi componimenti è databile al 1296, perché il testo stesso offre nei primi versi una lunga perifrasi astronomica, uno stilema che diverrà caro al Dante della Commedia. È Rime, 43, nell’edizione curata da Gianfranco Contini

Io son venuto al punto de la rota
che l’orizzonte, quando il ciel si corca,
ci partorisce il geminato cielo,
e la stella d’amor ci sta remota
per lo raggio lucente che l’inforca
sì di traverso che le si fa velo;
e quel pianeta che conforta il gelo
si mostra tutto a noi per lo grand’arco
nel qual ciascun di sette fa poca ombra:

Parafrasi. «Io mi trovo al momento della rivoluzione celeste, in cui la costellazione dei Gemelli nasce all’orizzonte, quando il Sole tramonta, Venere è sottratta all’osservazione perché in congiunzione col Sole, Saturno sta sul Tropico del Cancro su cui ciascuno dei sette pianeti  fa poca ombra.» 

Questa particolare figura astronomica durante la vita di Dante si verificò tra solo una volta, precisamente nel dicembre del 1296. Da questo si deduce che il componimento risalga a quel periodo e degli altri si pensa che siano coevi, e quindi successivi all’esperienza stilnovista. 

La discussione sull’interpretazione delle rime petrose

Il tema dell’amore non ricambiato da una donna crudele ed indifferente come una pietra, domina questi versi. Sicché uno dei problemi più dibattuti dalla critica dantesca riguarda proprio l’identità di questa donna “Pietra”, tanto che alcuni studiosi ne hanno ricercato con scarsa fortuna l’identità storica. Altri hanno voluto vedere in Pietra un’allusione simbolica: Pascoli ad esempio volle pensare che questa figura femminile rappresentasse la Vergine, perché san Bernardo definisce Maria «pietra». Ma la critica attuale, Gianfranco Contini ad esempio, ritiene che la Pietra «è semplicemente il legame che unisce le liriche più tecnicistiche  di Dante, nelle quali l’energia lessicale e la rarità dei ritmi si trasformano a norma di “contenuto” nel tema della donna aspra, dell’amore difficile». Dunque la donna Pietra è solo il tema che consente a Dante di sperimentare gli stilemi propri del poetare aspro. 

La sestina Al poco giorno

Vi proponiamo ora uno di questi componimenti. La sestina Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra.  È un componimento fondato sul tema della durezza dell’amata, confrontata continuamente con le cose di natura. Il collegamento di una stanza all’altra è affidato alle parole-rima, che si ripetono invariate di strofa in strofa, sempre le stesse sei parole: ombra, colli, erba, verde, petra, donna. Varia l’ordine, lo schema delle rime, in modo variabile, con unica regola che l’ultima rima della strofa è la prima della strofa successiva. Sembra che l’assoluta immobilità dell’amata sia qui legata all’ardua rigidezza del metro, fatto da endecasillabi in sestine, in strofe di sei versi.

Al poco giorno e al gran cerchio d’ombra
son giunto, lasso!, ed al bianchir de’ colli,
quando si perde lo color ne l’erba;
e ’l mio disio però non cangia il verde,
si è barbato ne la dura petra
che parla e sente come fosse donna.

Similemente questa nova donna
si sta gelata come neve a l’ombra;
che non la move, se non come petra,
il dolce tempo che riscalda i colli
e che li fa tornar di bianco in verde
perché li copre di fioretti e d’erba.

Quand’ella ha in testa una ghirlanda d’erba,
trae de la mente nostra ogn’altra donna;
perché si mischia il crespo giallo e ’l verde
sì bel, ch’Amor lì viene a stare a l’ombra,
che m’ha serrato intra piccioli colli
più forte assai che la calcina petra.

La sua bellezza ha più vertù che petra,
e ’l colpo suo non può sanar per erba;
ch’io son fuggito per piani e per colli,
per potere scampar da cotal donna;
e dal suo lume non mi può far ombra
poggio né muro mai né fronda verde.

Io l’ho veduta già vestita a verde
sì fatta, ch’ella avrebbe messo in petra
l’amor ch’io porto pur a la sua ombra;
ond’io l’ho chesta in un bel prato d’erba
innamorata, com’anco fu donna,
e chiuso intorno d’altissimi colli.

Ma ben ritorneranno i fiumi a’ colli
prima che questo legno molle e verde
s’infiammi, come suol far bella donna,
di me; che mi torrei dormire in petra
tutto il mio tempo e gir pascendo l’erba,
sol per veder do’ suoi panni fanno ombra.

Quandunque i colli fanno più nera ombra,
sotto un bel verde la giovane donna
la fa sparer, com’uom petra sott’erba.

Il gioco delle rime nella sestina

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Il video è tratto dalla playlist Lectura Dantis su YouTube.

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Parafrasi del testo

Vi proponiamo una perifrasi del testo.

«Son giunto, ahimè (“lasso”) all’inverno, quando il giorno è breve e la notte lunga, le colline s’imbiancano e si perde il colore dell’erba. Il mio desiderio però non cambia, è sempre verde, tanto s’è abbarbicato alla pietra che parla come fosse donna.

Questa nuova donna sta gelata, come neve all’ombra (“similmente” va unito a “come neve”), che neppure la primavera scioglie, la primavera che riscalda i colli, li cambia d bianchi in verdi grazie ai fiori e all’erba. Quando ella si mette in testa una ghirlanda d’erba, fa uscire qualunque altra donna dalla nostra mente, perché il biondo dei capelli si mescola al verde della ghirlanda, in modo così bello che Amore mi ha rinchiuso tra questi colli più saldamente della calce con la pietra. La sua bellezza è più forte di ogni pietra (preziosa) e il colpo che mi ha inferto non può essere guarito da un’erba medicamentosa, tanto che io sono fuggito per piani e colline per sfuggire a questa donna e tuttavia non mi posso trovar riparo dal lume che da lei emana, né poggio, né muro, né fronda verde. L’ho vista vestita in verde, tale che avrebbe suscitato anche in una pietra l’amore che nutro anche per la sua ombra. Tale l’ho desiderata in un bel prato chiuso tra altissimi colli, un prato d’erba, innamorata, come nessun’altra donna mai. Ma torneranno prima i fiumi ai colli, prima che questo legno umido e verde s’infiammi, come suole fare la bella donna di me, che acconsentirei di dormire su una pietra tutto il mio tempo e a mangiare erba, solo per vedere dove la sua persona fa ombra. Ogni volta che i colli fanno più nera ombra questa donna la fa scomparire sotto il verde della sua veste così come si fa scomparire una pietra sotto l’erba».

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